Matteo Messina Denaro: cosa c’è dietro il latitante di Trapani? Carriera criminale, biografia, vita privata, arresto

Giorgia Tedesco

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“La Mafia uccide, il silenzio pure.”

Peppino Impastato

Se esiste un confine morale e deontologico a cui ognuno di noi fa riferimento, perfino i mafiosi, certamente uomini come Matteo Messina Denaro e la sua cricca lo hanno abbattuto da tempo.
Il noto latitante è stato condannato per aver commesso stragi di mafia nel ’92, che portarono alla perdita dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsello. È surreale ricordare l’intervista in cui Giovanni Falcone fa intendere cos’è la consapevolezza: aveva paura, sarebbe morto, ma sarebbe stato anche coraggioso, perché non avrebbe permesso a uomini come Messina Denaro di prendersi la cosa più grande che ognuno di noi ha: la libertà, anche quella di morire.

Biografia di un boss romantico

Quanto possiamo comprendere la malvagità della mente umana? In una lettera, alla fidanzata dell’epoca, Angela, Matteo Messina Denaro le scrive: “Sentirai parlare di me, mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità.” Leggiamo fra le righe un Messina Denaro romantico, che inganna, che confonde.
Matteo è il figlio del vecchio capomafia di Castelvetrano, Don Ciccio, ha lavorato e guardato le spalle ai corleonesi di Totò Riina. Messina Denaro vanta una latitanza trentennale: è latitante dall’estate del 1993. In una lettera all’ex sindaco di Castelvetrano confesserà di essere pentito per essersi fermato con gli studi al diploma di terza media e che avrebbe voluto conseguire una laurea. In gioventù era fattore delle tenute agricole della famiglia D’Alì Staiti, proprietari della Banca Sicula di Trapani. Ebbe una figlia, Lorenza, con Franca Alagna nel 1996, che non lo conobbe mai. Una delle sue relazioni più importanti fu quella con Maria Mesi, arrestata per favoreggiamento nel 2000. Durante l’operazione furono anche trovate diverse lettere d’amore fra i due amanti.


Fra i messaggi che stati trovati nel covo di Campobello, i carabinieri del Ros hanno scoperto che l’uomo aveva scritto decine di biglietti mai spediti, anche alla figlia. In uno di questi, Messina Denaro scrive: “Stai lontana dai mondi che non conosci. Io sono entrato in altri mondi al prezzo della sofferenza, ma tu non osare mai, ti prego.”
Quanto fa paura, non solo il male, ma la sua umanità? Può il male rendersi conto di essere il male stesso? O forse il male, non sa neppure amare, ma tenta di proteggere, in segreto, chi lo ama ugualmente.

Una carriera criminale con i Corleonesi

Figura di spicco nella criminalità organizzata siciliana, Matteo è noto per le sue attività illegali come traffico di droga e traffico di armi. Comincia la sua attività da giovanissimo. Per amore, Matteo, ha sempre fatto stragi: letteralmente. Elimina Nicola Cansales per essersi infatuato della segretaria austriaca, amante del boss, lamentandosi con lei anche di quella che definì: “una banda di mafiosetti”.

Il capo della cosca di Castelvetrano ha rappresentato per decenni una minaccia per la sicurezza dello Stato italiano.

Fra i tanti omicidi che danno l’idea di una condanna a vita per il mafioso di Trapani, forse il più avvilente fra questi, è quello di Giuseppe Di Matteo. Strangolato. Sciolto nell’acido. La sua colpa? Suo padre, Santino Di Matteo, era un pentito.

La guerra fra Cosa Nostra e lo Stato Italiano si muove in silenzio; un silenzio che ha la voce di Messina Denaro, Riina e Provenzano. Colpevoli anche delle stragi a Capaci e in via D’Amelio. Sostenuti da membri dello Stato, hanno anche tentato di uccidere a Roma Maurizio Costanzo.

La malattia che permise l’arresto

È il 16 gennaio 2023 quando i Carabinieri del Ros arrestano Matteo Messina Denaro con l’aiuto del GIS, in Via Domenico Lo Faso, vicino la clinica La Maddalena a Palermo, nel quartiere San Lorenzo. Il boss doveva sottoporsi, con il nome fittizio di Andrea Bonafede, a delle sedute di chemioterapia per curare il tumore al colon. Messina Denaro non si ribella e rivela la sua vera identità. Arrestano anche Giovanni Luppino, l’autista.
Matteo viene sbattuto nella casa circondariale dell’Aquila e viene sottoposto alla detenzione secondo l’articolo 41-bis.

Davanti al GIP, durante l’interrogatorio, Matteo Messina Denaro conferma di aver ordinato il sequestro di Giuseppe di Matteo, negando con fermezza di averne anche chiesto l’assassinio e colpevolizzando invece Giovanni Brusca.

In tutto questo c’è da chiedersi se effettivamente, questo arresto, possa completamente rasentare una vittoria. Se forse, non sia stato lo stesso Messina Denaro, stanco e malato, a volersi far catturare. Inestimabile il contributo e il lavoro instancabile delle forze dell’ordine e di tutta la gente, che, almeno per una volta, ha voluto guardare, dicendo effettivamente, di aver guardato. Non possiamo vivere per tutta la vita fingendo di non vedere, di non sentire. Perché ogni volta che ciò accade, muore una parte di noi, insieme alla dignità di tutti coloro che sono vittime di mafia.