Gaslini: dove la medicina diventa vicinanza

Daniela Devecchi

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A Genova, in una zona dove il mare si intravede tra le case, c’è un ospedale che molti conoscono solo per nome, ma che meriterebbe di essere raccontato con attenzione. Si chiama Gaslini, ed è da quasi un secolo il punto di riferimento per la cura dei bambini. Non solo in Liguria, ma in tutta Italia.

Chi entra lì, spesso lo fa con un nodo alla gola. Eppure, quello che colpisce non è solo la professionalità. È il clima. Un senso di accoglienza, di presenza, di attenzione sincera che va oltre il gesto medico. Non è retorica: lo dicono le storie, le testimonianze, i silenzi lunghi nei corridoi e gli abbracci negli ambulatori.

Un ospedale, ma anche una comunità

Il Gaslini è grande, organizzato, strutturato. Ma non è freddo. Dentro ci sono reparti d’eccellenza, è vero — neurochirurgia, oncologia pediatrica, rianimazione neonatale — ma c’è anche un modo di curare che tiene conto del contesto: del bambino, della sua famiglia, delle paure che non sempre si dicono ad alta voce.

Ogni percorso è costruito su misura. Non solo terapie, ma anche spazi pensati per accogliere genitori, fratellini, nonni. La sensazione, parlando con chi ci lavora o ci è passato, è che nessuno venga lasciato solo. E in un luogo dove si vivono momenti duri, questo fa una differenza enorme.

Anche fuori Genova, il nome Gaslini è sinonimo di qualità. Molti reparti pediatrici del territorio lavorano in rete con l’istituto, che si fa carico dei casi più complessi, offrendo consulenze, trasporti d’emergenza, supporto tecnico e umano. Non è solo un ospedale, è un riferimento.

Un aspetto che spesso resta in ombra è che il Gaslini è anche un centro di ricerca. C’è un intero mondo dietro le quinte: scienziati, dottorandi, medici che non si fermano alla pratica clinica, ma cercano nuove risposte.

Lavorano su malattie rare, terapie innovative, genetica, immunologia. Alcune delle scoperte più importanti in ambito pediatrico, in Italia, sono nate proprio lì. E questa energia si trasmette anche nella formazione: ogni anno arrivano giovani medici da tutta Europa per specializzarsi.

Ma anche qui, la cifra non è la competizione. È il senso di responsabilità. Si studia non per fare carriera, ma per dare qualcosa in più. Per trovare, magari, quel farmaco che oggi ancora non esiste.

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Una storia che continua a scriversi

Chi ha voluto il Gaslini — Gerolamo, un imprenditore che perse la figlia e decise di creare qualcosa che potesse salvare altri bambini — lo ha immaginato come un luogo dove scienza e cuore andassero a braccetto. E quel patto, dopo tanti anni, sembra essere stato mantenuto.

Il futuro dell’ospedale guarda avanti: nuove strutture, più spazi per le famiglie, tecnologie sempre più avanzate. Ma l’identità resta. Ed è quella che continua a fare la differenza.

Forse è per questo che tanti, quando devono scegliere dove portare il proprio figlio, scelgono proprio lì. Non per fama, ma per fiducia.