Pian del Pino: il vino come gesto agricolo e racconto di paesaggio

Daniela Devecchi

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Nel cuore della Toscana orientale, tra le pieghe del Pratomagno, si trova una piccola realtĂ  agricola che sfugge alle logiche del mercato veloce. Il nome? Stiamo parlando di Pian del Pino, che, detto per inciso, non è solo un’azienda vinicola. E’ un’idea di agricoltura, con un suo metodo agricolo in autosufficienza (denominato MAN) un modo di stare nella terra e con la terra.

La tenuta a 250 metri di altitudine si estende in un paesaggio molto rurale che alterna vigneti e boschi. Il suolo è molto ricco di minerali, ossido di ferro e argille silicee e le condizioni climatiche, fortemente dominate dal massiccio del Pratomagno, danno origine a vini dal gusto assolutamente particolare, con speziature, mineralità e intensità spesso spiazzanti rispetto ai cliché toscani.

A Pian del Pino il vino si fa in vigna, in cantina si accompagna. Nessuna scorciatoia, nessun intervento invasivo. La scelta è chiara: bio, manuale, senza chiarifiche né filtrazioni, e con l’utilizzo esclusivo di lieviti indigeni. Qui il terroir, non coperto da nessun prodotto aggiunto, si esprime in maniera autentica.

Il risultato non è un vino costruito, ma un vino che racconta l’annata, il terreno, la luce che ha ricevuto. Non sempre omogeneo, talvolta spiazzante, ma profondamente vivo.

Tra le etichette, spiccano bianchi di Trebbiano, rosati di varia tipologia (anche frizzanti) e i rossi da Sangiovese, ma non mancano esperimenti su varietà rare come il Colorino del Valdarno, il Tempranillo e persino blend inusuali. Ogni bottiglia ha un carattere preciso, che riflette l’identità del luogo senza compiacere mode o tendenze.

Un progetto agricolo, prima che commerciale

L’azienda non nasce per produrre in scala, ma per custodire. I vigneti – alcuni nuovi – sono condotti in regime biologico certificato. Il lavoro è artigianale in ogni fase, dalla potatura alla vendemmia, fino all’etichettatura.

Accanto alla vite, anche le altre piante hanno un ruolo importante. Si chiama allelopatia lo studio che l’azienda porta avanti e che misura quanto può cambiare l’espressione delle uve sulla base delle piante (anche arboree) che sono intorno ai vigneti.

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Architettura e paesaggio: una presenza leggera

La cantina è realizzata sui fondi di un palazzo della fine dell’Ottocento, nel paese medievale di Campogialli. Li viene prodotto vino da oltre cento anni. La cantina è costruita con materiali semplici e dotata delle rare vasche in muratura. Non c’è monumento all’ego architettonico, né sala di degustazione scenografica. C’è una volontà precisa di abitare il territorio senza alterarlo.

Pian del Pino accoglie, ma non si espone. Preferisce il passaparola alla comunicazione aggressiva. Il rapporto con chi sceglie i vini dell’azienda è diretto, spesso personale. E anche questo fa parte dell’identità del progetto.

La tenuta ospita periodicamente eventi culturali, camminate in vigna, piccole degustazioni informali. Non è turismo enogastronomico da catalogo, ma incontro, scambio, ascolto. La vigna come luogo da attraversare, più che da osservare. Chi arriva qui lo fa spesso per scelta, o per curiosità. Perché ha sentito parlare di una bottiglia che “non somiglia a nessun’altra”, o perché cerca un’idea diversa di Toscana: meno patinata, più vera.