Chi è Saber Kazemi, il campione di pallavolo rimasto folgorato in piscina in Qatar

Daniela Devecchi

Chi è Saber Kazemi, il campione di pallavolo rimasto folgorato in piscina in Qatar

Aveva soltanto ventisei anni. Un ragazzo alto, sorridente, di quelli che parlano poco ma quando saltano a muro fanno capire tutto. Saber Kazemi, opposto della nazionale iraniana, era uno di quei giocatori che la pallavolo asiatica stava imparando ad amare: potente, istintivo, quasi imprendibile. Poi, un giorno di ottobre a Doha, qualcosa si è spezzato.

Secondo le prime ricostruzioni, stava nuotando nella piscina dell’hotel dove alloggiava con la squadra qatariota Al Rayyan SC. Un momento di relax, niente di più. Poi la scossa. O, forse, un fulmine. Le versioni non coincidono, ma il risultato è lo stesso: Kazemi è stato soccorso in condizioni gravissime e trasferito d’urgenza in ospedale.

La notizia che nessuno voleva leggere

Per giorni, in Iran, i giornali hanno titolato con una sola domanda: “Ce la farà?”
La risposta è arrivata poco dopo, con la voce ferma della Federazione iraniana di pallavolo: “L’attività cerebrale di Saber Kazemi non è più recuperabile. È in stato di morte cerebrale.”
Un annuncio asciutto, quasi gelido, ma dietro quelle parole c’era lo sgomento di un intero Paese.

Il comunicato aggiungeva che l’atleta era ancora collegato ai macchinari, e chiedeva di rispettare il silenzio e il dolore della famiglia. In poche ore, i social si sono riempiti di messaggi: compagni, tifosi, anche avversari. Tutti increduli.

Un ragazzo che stava diventando un simbolo

Kazemi non era solo “uno bravo”. Era il volto nuovo del volley iraniano.
Nato nel 1998, aveva esordito con la maglia della nazionale nel 2018 e da allora non si era più fermato. Nel 2021 vinse l’oro ai Campionati asiatici, venendo eletto MVP del torneo. Giocava da opposto puro: servizio forte, colpo rapido, capacità di leggere i muri avversari come pochi.

Dopo stagioni in Turchia, Kuwait e Indonesia, era approdato in Qatar, attratto da un contratto importante e dalla possibilità di confrontarsi con un campionato in crescita. L’Al Rayyan, storico club qatariota, puntava su di lui come su una stella. Nessuno immaginava che sarebbe finita così presto.

Cosa è davvero successo

La verità, per ora, ha più ombre che certezze.
Alcune fonti iraniane parlano di folgorazione dovuta a un guasto elettrico. Altre testate, come la spagnola AS, ipotizzano un fulmine caduto sulla piscina. Il club, invece, ha parlato soltanto di un “attacco cardiaco dopo un incidente”, senza aggiungere altro.
Quel che è certo è che Kazemi ha subito danni cerebrali irreversibili e che la diagnosi di morte cerebrale è stata confermata dai medici iraniani.

Il resto — dinamica, responsabilità, cause tecniche — resta materia d’indagine. Né la federazione qatariota né le autorità di Doha hanno diffuso finora un documento ufficiale con i dettagli dell’accaduto.

Il dolore di un Paese intero

In Iran, la notizia ha attraversato i social come una scossa.
Nei palazzetti, prima delle partite, si è osservato un minuto di silenzio. I giornalisti lo ricordano come “uno di quelli che non dicevano mai no”.
Kazemi era riservato, lontano dai riflettori, ma amato dai compagni: lavorava duro, parlava poco e faceva tanto.

Un suo ex allenatore ha scritto su Instagram: “Non cercava gloria, voleva solo giocare.
Ed è forse questo il dettaglio che rende la sua storia così amara: la semplicità di un ragazzo che aveva trovato la sua strada, e l’ha persa nel modo più assurdo.

Una verità ancora sospesa

Oggi, 31 ottobre 2025, l’unico punto fermo resta la dichiarazione della Federazione iraniana: morte cerebrale confermata.
Sul resto — l’origine della scossa, la responsabilità dell’impianto o di un evento atmosferico — regna il silenzio. Il club qatariota non ha aggiunto nulla, e dal Qatar non è arrivato alcun rapporto ufficiale.

Ma forse, per chi lo conosceva, non servono altri documenti.
Per loro, Saber Kazemi è già una leggenda: il ragazzo che in campo non mollava mai, e che oggi tutti ricordano con una domanda che resta sospesa nell’aria — perché proprio lui?