Don Alì, la verità dietro ai video dell’“arresto”: cosa è davvero successo

Serena Comito

Don Alì, la verità dietro ai video dell’“arresto”: cosa è davvero successo

Negli ultimi giorni i social sono esplosi: centinaia di video, titoli urlati e dirette TikTok raccontano di Don Alì “arrestato in diretta”. Ma dietro quell’ondata di clip, di urla e di presunti fermi, la realtà – come spesso accade – è un po’ diversa.

Perché si parla di Don Alì proprio adesso

Il suo nome è tornato a rimbalzare su X e Instagram dopo un nuovo video di minacce girato a Torino. Nel filmato – diventato virale in meno di 24 ore – si vedono toni aggressivi, parole pesanti e, fatto che ha indignato tutti, la presenza di una bambina accanto a lui.
A denunciare la scena è stato Cronaca Qui, che ha parlato di “violenza sui social” e di “immagini inaccettabili”, ma nessuna testata ha confermato un arresto nelle ore successive.

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Chi è Don Alì

Don Alì, all’anagrafe Ali El Abdi, è uno streamer torinese di origini marocchine, conosciuto per i video provocatori e per una carriera costruita più sui ban che sulle collaborazioni.
Nato e cresciuto a Torino, ha iniziato con i live su Twitch e TikTok, attirando migliaia di visualizzazioni con linguaggio crudo e atteggiamento da “guerriero urbano”.
Nel 2022 aveva già avuto problemi con la giustizia: secondo True News, fu condannato a quattro anni di obbligo di firma per resistenza a pubblico ufficiale.
Una misura cautelare, quindi, non un vero periodo di detenzione. Da allora il suo personaggio è diventato una miscela di vittimismo e sfida continua al sistema.

I video dell’“arresto”: cosa mostrano davvero

Su YouTube e TikTok si moltiplicano i filmati intitolati “Don Alì arrestato in diretta”.
In realtà si tratta quasi sempre di vecchie clip rimontate o di live interrotte dove lui stesso urla di essere stato “fermato” – senza prove di un intervento reale delle forze dell’ordine.

Molti di questi video risalgono a mesi fa e vengono riproposti ciclicamente ogni volta che il nome di Don Alì torna a far discutere.
Una dinamica tipica del suo universo social: provocare, scomparire, riapparire con un nuovo “dramma” virale.

Le verifiche: nessun arresto confermato

Abbiamo controllato.
Nessun comunicato stampa della Questura di Torino, nessuna nota della Procura, nessun riferimento su Ansa, Repubblica, Corriere o altre testate nazionali.

Solo una lunga scia di video amatoriali e tweet che si citano a vicenda, senza una fonte primaria.
Anche sui canali Telegram legati alla cronaca torinese, dove spesso emergono le notizie prima dei giornali, nessuna traccia di un fermo recente.

In poche parole:
nessuna conferma ufficiale;
nessuna testata affidabile ha parlato di arresto;
la vicenda dell’obbligo di firma resta quella del 2022.

La reazione del pubblico

Sui social la discussione è più accesa che mai.
C’è chi lo difende – “lo provocano per farlo cadere” – e chi chiede che i suoi profili vengano chiusi definitivamente.
Un commento su X riassume bene l’atmosfera:

“Don Alì non è un personaggio, è un sintomo. Finché farà visualizzazioni, continuerà a spingersi oltre.”

Parole che spiegano meglio di tante analisi come la logica dei numeri possa trasformare ogni gesto, anche il più grave, in intrattenimento.

Cosa sappiamo (e cosa no)

Sappiamo che:

  • è tornato virale per un video di minacce pubblicato a Torino;
  • nel 2022 aveva già una condanna all’obbligo di firma;
  • non ci sono arresti confermati nel 2025.

Non sappiamo:

  • se la Procura abbia aperto un nuovo fascicolo dopo l’ultimo video;
  • se le piattaforme social adotteranno misure disciplinari.

Domande ancora aperte

  • La giustizia può davvero arginare influencer che usano la violenza come intrattenimento?
  • E quanto pesa la responsabilità di chi condivide senza verificare?
    Due domande semplici, ma che dicono molto del nostro tempo.