Chi è Adriana, la signora di Avellino che sarà risarcita da Chiara Ferragni: la pensionata simbolo del “pandoro-gate”

Daniela Devecchi

Chi è Adriana, la signora di Avellino che sarà risarcita da Chiara Ferragni: la pensionata simbolo del “pandoro-gate”

Una storia nata tra gli scaffali di un supermercato

Avellino, corsia di un supermercato qualunque. Tra gli scaffali addobbati per Natale, una signora prende con cura una confezione rosa di pandoro. Si chiama Adriana, ha settantasei anni e un’idea precisa in testa: “Se compro questo, aiuto i bambini malati”. Quel pandoro è il famoso Pink Christmas Balocco, nato dalla collaborazione con Chiara Ferragni. Costa più del normale, ma si dice che parte del ricavato vada in beneficenza. Adriana non ci pensa due volte. Ne compra più di uno.

Passano i mesi e la promessa di beneficenza si rivela molto più complessa di quanto apparisse. I giornali parlano di una donazione fissa, di un messaggio pubblicitario ambiguo, di un’operazione di marketing travestita da gesto solidale. Così, mentre il “pandoro-gate” esplode e diventa un caso nazionale, Adriana decide di fare qualcosa che nessuno aveva ancora fatto: si costituisce parte civile contro l’influencer più potente d’Italia.

Chi è Adriana e perché la sua voce conta

Dietro quella scelta non c’è rabbia, ma delusione. “Io volevo solo fare del bene”, avrebbe confidato ad amici e conoscenti. Da semplice acquirente, Adriana diventa il volto di una causa che supera i confini dell’Irpinia. Per mesi segue gli sviluppi dell’inchiesta, che porta al rinvio a giudizio di Chiara Ferragni con l’accusa di truffa aggravata.

Poi arriva la svolta: una trattativa privata tra i legali della signora e quelli dell’imprenditrice, conclusa con un risarcimento di circa cinquecento euro. Una cifra simbolica, certo. Ma non è il denaro a contare: è il principio. Adriana ha dimostrato che anche un singolo consumatore, se sente di essere stato ingannato, può chiedere giustizia. La sua storia, così normale e così eccezionale insieme, ha toccato un nervo scoperto del nostro tempo: la fiducia tra chi compra e chi comunica.

La svolta del 4 novembre: l’udienza decisiva

La prossima tappa sarà il 4 novembre al Tribunale di Milano, dove la signora dovrebbe revocare formalmente la sua costituzione di parte civile. L’accordo, secondo quanto trapela, è ormai definito. Le altre parti civili — alcune associazioni di consumatori — continueranno invece la battaglia nel processo principale, che proseguirà fino alla fine dell’anno.

Ma chi è davvero Adriana? Una donna di provincia, vedova, con una pensione modesta e un senso profondo di giustizia. Vive in un appartamento semplice, segue i notiziari locali e non ha profili social. Si è fidata di un messaggio pubblicitario e ha sentito il bisogno di chiarire, per sé e per tutti, che la beneficenza non può essere un accessorio di marketing. La sua voce, pacata e ferma, è diventata quella di tanti.

Il “pandoro-gate”: quando la beneficenza si confonde col marketing

Il pandoro-gate ha travolto la reputazione di un marchio e ha riacceso il dibattito sulla trasparenza delle campagne solidali. Dove finisce la comunicazione e dove inizia l’inganno? È una domanda che Adriana ha posto con la forza delle persone semplici.

La storia nasce da un messaggio pubblicitario che lasciava intendere un collegamento diretto tra l’acquisto del pandoro e una donazione a un ospedale pediatrico. In realtà, secondo le indagini, la donazione era fissa e non dipendeva dalle vendite. Una sfumatura che ha cambiato tutto.

Una lezione di onestà quotidiana

In fondo, la vicenda di Adriana è anche un piccolo racconto morale sul potere dell’onestà quotidiana. Una donna di Avellino, uno scontrino da pochi euro, e una storia che è arrivata fino alle aule di un tribunale milanese. Non cercava riflettori, né vendette. Solo la verità.

Oggi, mentre il processo prosegue e il clamore mediatico si attenua, resta l’immagine più potente di tutte: una signora con il suo sacchetto della spesa, che ha ricordato a tutti che la trasparenza non è un optional, ma un dovere.

Perché a volte basta un gesto piccolo, un acquisto in buona fede, per far emergere una verità grande.