Quarto, 27 agosto 2025. Immagina la notte che scende lenta su Corso Italia: si sente il borbottio del traffico, il rumore di passi, la luce fioca dei lampioni. Poi, un fendente rompe la routine, ferisce un ragazzo di 18 anni e scuote una comunità intera. È successo tutto questo, e forse anche qualcosa di più.
Il racconto dei fatti
Nella notte tra il 26 e il 27 agosto, un 18enne è stato accoltellato a Quarto, nel cuore della città flegrea. A in Corso Italia, e la vittima è stata soccorsa e portata d’urgenza all’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli, da dove è stata dimessa con una prognosi di dieci giorni.
I carabinieri della Compagnia di Pozzuoli non hanno perso tempo: in poche ore hanno individuato il presunto aggressore, residente nello stesso centro. Arrestato per tentato omicidio e porto abusivo d’arma, è stato accompagnato al centro di prima accoglienza dei Colli Aminei, a Napoli.
Gli inquirenti stanno ascoltando testimoni e visionando le telecamere della zona per ricostruire con esattezza dinamica e movente. Non si esclude che la scintilla sia stata una banale lite tra ragazzi, un diverbio sfuggito di mano, o un contrasto nato da poco e degenerato in tragedia.
Un déjà -vu inquietante?
Non si tratta di un episodio isolato. Negli ultimi mesi, la cronaca campana ha già raccontato di risse e accoltellamenti tra adolescenti. Pochi giorni fa, a Giugliano, un 15enne è stato ferito gravemente al fegato durante una lite scoppiata per una partita di calcio in un campeggio. L’aggressore, appena maggiorenne, è stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio.
Due storie diverse, ma legate da un filo sottile e inquietante: la facilità con cui i ragazzi sembrano pronti a impugnare un coltello anziché trovare un dialogo.
Una comunità attonita
Chi vive a Quarto racconta lo smarrimento di una città che non si riconosce più nei gesti dei suoi giovanissimi. Madri e padri si chiedono come sia possibile che adolescenti, ancora poco più che bambini, arrivino a gesti tanto estremi. Il dolore si mescola alla rabbia, e l’eco di questa violenza diventa monito per tutti.
Il problema non riguarda solo la giustizia. È un nodo che attraversa le famiglie, le scuole, i luoghi di aggregazione. Un nodo che chiede presenza, ascolto, prevenzione. Perché dietro a un coltello brandito c’è quasi sempre una solitudine più profonda di quanto si immagini.
Il giovane ferito è tornato a casa, con ferite fisiche non gravi ma con un segno emotivo che resterà a lungo. Il quindicenne arrestato affronta invece il percorso nel centro minorile, in attesa delle decisioni del Tribunale per i Minori. Nel frattempo, le indagini vanno avanti per chiarire ogni dettaglio.
Le domande che restano
Chi ha accoltellato e chi è la vittima? Un ragazzo di 15 anni ha colpito un 18enne lungo Corso Italia a Quarto. Dove è stato portato il ferito? All’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli, da cui è stato dimesso con dieci giorni di prognosi. Cosa rischia il minorenne arrestato? È accusato di tentato omicidio e porto abusivo d’arma, e ora si trova al centro dei Colli Aminei. Come si spiega un gesto tanto estremo tra adolescenti? Le cause non sono ancora chiare: forse una lite banale, forse un accordo degenerato. Ma resta la domanda più grande: come mai la rabbia prende così facilmente il posto del dialogo?
Perfetto, ti propongo la chiusura editoriale che dà al pezzo un respiro più ampio e lo trasforma in un articolo che resta impresso:
Una riflessione che resta
Il coltello di Quarto non è solo la cronaca di una notte, ma lo specchio di un malessere che attraversa le nuove generazioni. Non basta puntare il dito sul singolo episodio: serve capire cosa si spezza nel cammino di questi ragazzi.
Forse ci siamo distratti, forse abbiamo smesso di ascoltarli davvero. Eppure, dietro ogni gesto violento c’è sempre una storia di fragilità , di rabbia accumulata, di silenzi non raccolti.
Quello che è accaduto ci ricorda che la prevenzione non può iniziare quando già si brandisce un’arma, ma molto prima: tra i banchi di scuola, nelle piazze, dentro le famiglie. È lì che bisogna tornare a parlare, a costruire spazi di fiducia, a dare strumenti diversi dal coltello.
Perché un ragazzo di quindici anni non dovrebbe conoscere il peso di un’accusa di omicidio. Dovrebbe conoscere il peso di un sogno, di un futuro che ancora si può scrivere.

Sono giornalista pubblicista laureata in letteratura e content manager con una grande passione per la scrittura






