Ci sono luoghi che sembrano sapere stare in equilibrio. Tra storia e quotidianità, tra silenzio e vociare, tra mare e pietra. Termoli è uno di questi. Non ha l’aria della meta da cartolina perfetta, e forse proprio per questo funziona: non ti stanca, non ti mette in posa. Ti accoglie.
Il centro storico è compatto, raccolto, ma non per questo scontato. Si entra da un passaggio quasi nascosto e, senza accorgersene, ci si ritrova tra vicoli stretti e case basse con le porte colorate. C’è un silenzio strano, non quello di un posto spento, ma quello che hanno solo i luoghi abituati a essere vissuti.
Baluardo d’avvistamento che sancisce l’ingresso nel borgo marinaro, ricordandone la storia dal passaggio di Federico II, all’assedio dei turchi, affacciato direttamente sul mare, c’è il Castello Svevo. Massiccio, sobrio, costruito con pietre che sembrano più antiche del tempo. È ancora lì, a ricordare che questa città ha avuto i suoi assedi, i suoi pirati, i suoi re. Da lassù la vista si apre, ampia, e si capisce subito perché qui si sia costruito un borgo: il mare lo si controlla tutto.
Un passo più in là, la cattedrale romanica. Niente eccessi, nessuna grandeur, ma una bellezza asciutta, severa. Spesso, quando si entra, c’è solo luce e fresco. E un odore di pietra. Chi resta qualche minuto seduto in fondo, difficilmente esce senza qualcosa in più.
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Il ritmo della costa
Fuori dal centro, Termoli cambia pelle ma non identità. Il mare resta, onnipresente. A sud, la spiaggia è ampia, tranquilla, con sabbia dorata e mare basso. Famiglie, lettini, ragazzi che giocano. A nord, si trovano scogliere e passeggiate, bar più discreti, pescatori al tramonto. È una costa che ha imparato a convivere con l’uomo senza farsi rovinare troppo.
Il porto è il cuore pulsante. Non quello rifatto per i turisti, ma quello vero. Di mattina, l’odore del pesce è forte, il vociare anche. La gente si conosce, si saluta, si scambia due parole sul tempo e sulla pesca. È qui che si capisce che Termoli non è vetrina, ma città. E chi vuole partire per le isole lo fa da qui, tra le reti stese e le cassette di ghiaccio.
Chi arriva senza fretta, magari fuori stagione, trova una città che si racconta piano. Il vento cambia, i colori si fanno più tenui, ma la sostanza resta: una comunità che tiene, che lavora, che non vive solo d’estate.
Un posto che resta addosso
C’è qualcosa in Termoli che sfugge alla descrizione e che, forse, non si può catturare in una guida. Non è solo la vista sul mare o il cibo fresco o le mura antiche. È un insieme di cose minime: l’odore del pane al mattino, il sole sulle facciate, il rumore secco delle onde quando cala la sera.
Chi passa da qui per caso spesso promette di tornare. Chi ci vive lo dice sottovoce, ma lo sa: non è un posto qualsiasi. E anche se le stagioni cambiano, anche se i turisti vanno e vengono, Termoli resta. Con la sua voce bassa, la sua luce calda e quella discrezione che, in fondo, è la sua vera bellezza.

Sono giornalista pubblicista laureata in letteratura e content manager con una grande passione per la scrittura






