Fattoria Uccelliera: dove il vino toscano parla con voce antica (e concreta)

Daniela Devecchi

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A volte basta un nome per evocare una storia. “Uccelliera” è uno di quei nomi che sembrano usciti da un libro di leggende contadine, ma qui è tutto reale. Indica una collina della campagna pisana che, in epoca medievale, era un punto di passaggio per stormi di uccelli migratori. Non a caso, l’antica uccellanda serviva proprio a catturarli, con reti tese tra gli alberi. Oggi su quella stessa collina non si tendono più trappole, ma si coltiva rispetto: per la terra, per il tempo, per il lavoro umano.

La Fattoria Uccelliera nasce negli anni Sessanta, quando Antonio Bulleri e Maria Elena Poggianti decisero di far mettere radici al loro sogno agricolo proprio lì, tra le colline che scivolano tra Fauglia e Crespina Lorenzana. Oggi è la terza generazione a portare avanti l’azienda, guidata da Ezio Bulleri insieme alla sua famiglia. Ed è proprio questo intreccio familiare a dare una forza particolare al progetto: ognuno con il suo ruolo, ognuno con una parte di sé nella terra.

Non basta dire “vino”: serve viverlo

Chi ha avuto la fortuna di camminare tra i filari dell’Uccelliera sa che questo posto non si racconta a parole: si respira. I terreni, a un’altitudine tra gli 80 e i 200 metri, sono un mosaico geologico di antica origine marina, dove tufaceo, siliceo e argilloso si mescolano come pigmenti su una tavolozza. Qui si coltivano varietà che parlano toscano ma con sfumature internazionali: Sangiovese, Petit Verdot, Alicante Bouschet, Syrah, Cabernet Sauvignon. E anche Pinot Bianco, Sauvignon Blanc, Viognier. Tutti i vini dell’Uccelliera nascono con un obiettivo semplice e ambizioso allo stesso tempo: riflettere il territorio, senza filtri. Per questo la vendemmia è fatta a mano, le uve vengono selezionate con cura e in cantina si interviene il meno possibile. È una filosofia che qualcuno potrebbe definire “convenzionale”, ma che in realtà ha qualcosa di radicale: il rispetto assoluto della materia prima.

Il risultato? Vini precisi, eleganti, con una mineralità che sorprende e una capacità di invecchiamento che non si improvvisa. Ogni annata è diversa, ogni bottiglia è un racconto. E non è un caso che le etichette cambino immagine della quadricromia ogni anno: non per moda, ma per ricordare che il tempo lascia traccia anche fuori dal vetro.

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Un ecosistema agricolo che va oltre la vigna

Uccelliera non è solo vino. I 240 ettari della tenuta comprendono anche oliveti, boschi, agriturismi restaurati con pietre e materiali originali, un parco naturale dove la fauna locale è ancora padrona di casa. Poiane, tordi, merli, gruccioni: sono loro i veri protagonisti di queste colline. Non è un vezzo artistico se li trovi sulle etichette delle bottiglie. È un omaggio silenzioso a una coesistenza che dura da secoli.

Ed è proprio questo equilibrio, tra agricoltura e paesaggio, che rende Uccelliera diversa. Qui si coltiva pensando a lungo termine, con la consapevolezza che il suolo va custodito, non spremuto. Gli olivi producono un extravergine di altissima qualità. I casali accolgono viaggiatori che cercano autenticità, non effetti speciali. Tutto è legato, come i nodi di una rete antica — solo che oggi non serve più per catturare, ma per restituire.

L’eredità del tempo

C’è una parola che ricorre spesso quando si parla di Uccelliera: memoria. Memoria del mare che un tempo copriva queste terre. Memoria dei mezzadri che abitavano i poderi. Memoria dei cicli naturali che scandiscono il lavoro agricolo. Ma anche memoria come scelta stilistica: restare fedeli a ciò che funziona da sempre, migliorandolo con intelligenza, senza snaturarlo.

E se il mondo là fuori corre, rincorre mode e algoritmi, qui si cammina. A piedi, tra i filari, tra le botti. Perché ogni passaggio richiede attenzione, ogni vite ha bisogno del suo tempo. In un mondo che parla spesso troppo in fretta, forse è proprio questo il lusso più raro: prendersi il tempo per fare le cose bene.

Uccelliera non vuole stupire. Vuole restare. E in un panorama agricolo che cambia pelle ogni stagione, questa coerenza ha il sapore raro della verità.