Di solito i poliziotti in tv sono perfetti. Ma Rocco Schiavone no. È uno che fa casino, rompe le regole e se ne fotte. Lui non è il campione dei buoni sentimenti: è un vicequestore misantropo, esasperato, segnato da troppa vita. Eppure funziona. Molto.
Serie TV, libri, fan club: quando lo incontri, ti restano impressi la sua sigaretta, la battuta cattiva, il cappotto consumato e quella dose di umanità che sa di freddo valdostano e nostalgia romana.
Dalla Roma popolare ad Aosta: nasce un poliziotto strano
Rocco Schiavone nasce a Roma nel 1966, da una famiglia di operai del quartiere Trastevere. Orfano del padre a 12 e della madre a 19, cresce tra vicoli e amicizie che lo spingono verso la malavita. Ma lui sceglie la legge: studia giurisprudenza, fa il militare nell’aeronautica e diventa poliziotto.
Ma non è un bravo ragazzo: nel suo palmarès c’è una violenta aggressione a uno stupratore, un pestaggio che lo porta a essere trasferito “per motivi disciplinari” da Roma ad Aosta. Un uomo pericoloso persino per lo Stato, insomma.
Il dolore che non passa: Marina, la moglie scomparsa
Al centro della sua vita c’è Marina, restauratrice e moglie amata. Sposati a 35 anni, i due vivono un momento felice fino a quando lei muore in un agguato. Colpa di un attentato mirato a Schiavone: lui si salva abbassandosi, lei no .
Del dolore non si libera. Marina appare nei suoi pensieri, nei dialoghi che Schiavone intrattiene con lei. Una presenza costante che lascia segni profondi, nei libri e a ogni fotogramma della serie .
L’uomo dietro il loden: metodi borderline e una canna per “pensare”
In Val d’Aosta, Rocco non si adatta. Cammina nell’uggia con toni romani, cappotto, scarpe logore e sarcasmo da vendere. È violento, impenitente, genio ribelle.
Ha abitudini uniche: pubblico espone cartelloni con le sue “rotture di coglioni”, classifica colleghi con animali, e fuma una canna ogni mattina per pensare: la chiama “preghiera laica”.
Metodi borderline, fatti salvi dal suo fascino noir e dall’onestà intellettuale: ama risolvere casi, anche sporcandosi le mani.
Dai romanzi alla serie TV: un successo da libro
Rocco nasce dalla penna di Antonio Manzini nel 2005 con Sangue marcio, un noir crudo e violento. Da lì, la saga letteraria è cresciuta: oltre ai romanzi, racconti e raccolte fino al più recente Il passato è un morto senza cadavere (2024).
Dal 2016, Marco Giallini dà vita al vicequestore per la Rai: ora siamo alla sesta stagione, con repliche in onda su Rai 2.
Perché piace così tanto?
- È vero, imperfetto: un antieroe che sbaglia, soffre, sbotta.
- Profondità psicologica: tra scherzi taglienti e colpi di conoscenza, spuntano vuoto, rabbia e nostalgia.
- Atmosfera noir: Aosta innevata, indagini forti, un mix di crimine e introspezione.
- Empatia maledetta: anche se sembra insensibile, tifa per lui, guarda i casi con i suoi occhi.
FAQ
Rocco Schiavone è un personaggio vero?
No: è frutto della fantasia di Antonio Manzini, nato prima nei libri, poi sullo schermo.
Dove e da chi è interpretato?
Lo interpreta Marco Giallini nella fiction Rai 2, basata sui romanzi omonimi.
Da dove ha avuto origine la serie?
Dal romanzo Sangue marcio (2005) fino a Il passato è un morto senza cadavere (2024).
Qual è la sua abitudine più singolare?
Ogni mattina fuma una canna: la sua “preghiera laica” per pensare.
Perché è così amato dal pubblico?
Perché è autentico, tormentato e straordinariamente umano: un poliziotto che non fa sconti (a sé e agli altri).
“Head Staff”, giornalista pubblicista laureata in letteratura, amo scrivere e apprendere costantemente cose nuove. Trovo che il mestiere del giornalista sia uno dei più affascinanti che esistano. Ti consente di apprendere, di conoscere il mondo, farti conoscere e di entrare in simbiosi con il lettore






