Negli ultimi giorni i telefoni dei sindacati toscani non hanno smesso di squillare.
Una storia partita in sordina a Siena e Livorno è esplosa ovunque: tre dipendenti Pam licenziati dopo non aver superato il cosiddetto test del finto cliente.
Dietro quella formula innocua si nasconde un metodo che, raccontano i lavoratori, somiglia più a una trappola che a una verifica di routine.
Un dettaglio colpisce subito: i dipendenti colpiti erano lavoratori storici, con venti o trent’anni di servizio alle spalle, oppure – nel caso di Siena – un delegato sindacale.
Cosa sta succedendo?
Perché il caso esplode proprio ora
Le prime segnalazioni arrivano a metà novembre, quando il licenziamento del cassiere 62enne di Siena diventa pubblico.
Pochi giorni dopo emergono altri due casi a Livorno: stesso metodo, esito identico.
A quel punto sindacati e avvocati parlano apertamente di “uso distorto dei controlli”, e la questione arriva fino in Parlamento con una interrogazione presentata da Avs.
La sensazione? Che questo sia solo l’inizio.
Il meccanismo del “finto cliente”: come funziona davvero
Le testimonianze raccolte negli ultimi giorni coincidono.
Un ispettore aziendale entra nel supermercato come un cliente qualunque.
Nel carrello nasconde piccoli prodotti dentro confezioni più grandi: cosmetici infilati in scatole di birra, oggetti compressi fra pacchi ingombranti, a volte addirittura articoli posizionati in punti quasi invisibili.
La spesa arriva alla cassa. Il cassiere registra tutto.
Ma quei prodotti nascosti – se non vengono individuati – diventano un errore disciplinare. E negli ultimi casi documentati l’errore è bastato per il licenziamento immediato.
È qui che scoppia la polemica: lo strumento usato come test di qualità viene percepito come un’imboscata.
Un sindacalista ha riassunto così il malumore dei lavoratori: “I cassieri non sono poliziotti”.
Una frase dura che fotografa perfettamente la tensione di queste ore.
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I tre casi che hanno acceso la miccia
Siena: il licenziamento che ha fatto rumore
Il più discusso è quello di Fabio Giomi, 62 anni, storico dipendente del punto Pam del centro commerciale Porta Siena e delegato sindacale.
Aveva già superato un test simile mesi fa, ma in questo secondo episodio non avrebbe identificato alcuni cosmetici nascosti.
Per lui l’azienda ha scelto la sanzione massima: licenziamento in tronco.
La sua posizione sindacale ha alimentato dubbi e sospetti, rilanciando domande che oggi accompagnano l’intero caso: perché sottoporre più volte lo stesso dipendente a un test così invasivo? E perché applicare la misura più dura possibile?
Livorno: Tommaso e Davide, due storie parallele
A Livorno i due licenziamenti arrivano nello stesso arco di giorni.
Tommaso, trent’anni di servizio nel punto vendita del quartiere Corea.
Davide, oltre vent’anni alle casse della Pam di via Roma.
Secondo i sindacati, anche qui il “test del carrello” avrebbe seguito un copione preciso: prodotti nascosti, controlli ripetuti, pressioni crescenti. E a quel punto la contestazione disciplinare è diventata licenziamento.
Una domanda retorica resta: com’è possibile che lavoratori con decenni di anzianità diventino improvvisamente “inaffidabili”?
La posizione dei sindacati: “Metodo vessatorio, vogliamo la revoca”
Le sigle intervenute – Filcams Cgil, Fisascat e Uiltucs – usano toni sempre più netti.
Tre punti emergono ovunque:
- Il test viene vissuto come una trappola, non come una valutazione.
- Colpiti soprattutto lavoratori anziani, con stipendi più alti e contratti solidi.
- In un caso si profila un possibile comportamento antisindacale, dato il ruolo del dipendente licenziato a Siena.
Uiltucs parla apertamente di metodi “vessatori” e di contestazioni “costruite”.
Filcams Cgil aggiunge che il test, così concepito, non rispetta le garanzie previste dallo Statuto dei Lavoratori.
Una frase breve.
E pesa come un macigno.
L’analisi legale: cosa dice la giuslavorista
A mettere ordine nel ginepraio normativo ci ha pensato l’avvocata giuslavorista Silvia Ventura, intervistata da diversi quotidiani.
Tre punti chiave:
– Il controllo tramite cliente invisibile è ammesso solo quando c’è un sospetto concreto di illecito, non come strumento di valutazione quotidiana.
– Nascondere deliberatamente i prodotti per “indurre in errore il dipendente” rischia di diventare una pratica illegittima.
– Il licenziamento in tronco appare sproporzionato: l’errore, anche se confermato, rientrerebbe nella negligenza lieve o moderata.
La giurista parla apertamente di possibili profili di discriminazione nel caso del delegato sindacale e di sanzioni eccessive negli altri due casi.
La partita politica: interrogazioni e incontri nazionali
Il caso non resta confinato ai reparti dei supermercati.
Alcuni gruppi parlamentari hanno chiesto chiarimenti formali, mentre le sigle di categoria stanno organizzando un incontro nazionale con Pam per chiedere:
– ritiro immediato dei licenziamenti;
– revisione delle procedure di controllo;
– tutela per i dipendenti coinvolti.
Il clima è teso.
E ogni giorno la vicenda guadagna visibilità.
Domande ancora aperte
– Il test del finto cliente verrà rivisto o sospeso?
– I licenziamenti reggeranno davanti al giudice del lavoro?
– Ci sono altri casi simili non ancora emersi?
– Il metodo è stato usato altrove con la stessa rigidità?
Risposte che, ad oggi, nessuno è ancora in grado di dare.
FAQ
Cos’è il test del finto cliente?
Un controllo interno in cui un ispettore Pam si finge cliente e nasconde prodotti nel carrello per verificare se il cassiere li individua prima di passare alla cassa.
È legale?
Solo in circostanze specifiche: la giurisprudenza ammette controlli “occulti” solo in presenza di sospetti concreti di illecito. Non come routine.
Il dipendente può fare ricorso?
Sì. In casi simili la proporzionalità della sanzione è centrale, e diversi giuslavoristi ritengono il licenziamento difficilmente sostenibile.
Quanti lavoratori sono stati colpiti?
Al momento tre casi certificati in Toscana: uno a Siena e due a Livorno.
“Head Staff”, giornalista pubblicista laureata in letteratura, amo scrivere e apprendere costantemente cose nuove. Trovo che il mestiere del giornalista sia uno dei più affascinanti che esistano. Ti consente di apprendere, di conoscere il mondo, farti conoscere e di entrare in simbiosi con il lettore






