Martina Scialdone: il femminicidio a Roma e la controversa condanna di Costantino Bonaiuti

Giorgia Tedesco

Martina Scialdone, una giovane avvocata di 35 anni specializzata in diritto di famiglia, è stata vittima di un femminicidio nel gennaio di due anni fa, quando il suo ex compagno, Costantino Bonaiuti, le ha tolto la vita a Roma, nel quartiere Tuscolano.

Cos’è successo a Martina Scialdone?

Dopo un litigio avvenuto all’interno e all’esterno di un locale, l’uomo, ha estratto una pistola. Costantino le ha sparato davanti al fratello, accorso per aiutarla. Purtroppo non c’è stato nulla da fare per Martina. Bonaiuti è stato condannato a 24 anni e 8 mesi, una sentenza amara per chiunque abbia amato Martina. La tragica vicenda è stata ricordata ieri sera, nella trasmissione “Amore Criminale” su Rai Tre.

Chi é Costantino Bonaiuti?

Martina e Bonaiuti avevano intrapreso una relazione durata qualche tempo. L’uomo, ingegnere presso l’Enav e rappresentante sindacale per Assivolo, intratteneva rapporti con lei anche presso la sua abitazione. Tuttavia, la giovane aveva deciso di porre fine alla relazione e, da quel momento, erano iniziati episodi di persecuzione.

Martina aveva scoperto che l’ex compagno le aveva installato un localizzatore GPS sull’auto e raccontava spesso a familiari e amiche di sentirsi minacciata. Per precauzione, condivideva la sua posizione su WhatsApp con le amiche. La sera del delitto, dopo aver trascorso del tempo con il fratello e la madre, Martina decise di incontrare Bonaiuti per chiudere definitivamente con lui, nonostante la paura che la situazione le incuteva.

La dinamica dell’aggressione quella notte d’inverno

Si presentò da sola all’appuntamento nel locale. Dopo circa dieci minuti contattò il fratello manifestando agitazione e chiedendogli di raggiungerla. Durante una rapida telefonata, il fratello sentì la voce dell’uomo che pronunciava insulti. Preoccupato, si precipitò al ristorante. Giunto sul posto, testimoniò di aver trovato i due che stavano discutendo animatamente. Tentò di separarli, ma Bonaiuti afferrò Martina per un braccio. Nonostante i tentativi del fratello di portare via la sorella, l’uomo estrasse una pistola e sparò a bruciapelo. M

artina, colpita mortalmente, si accasciò al suolo. Ogni tentativo di soccorso fu inutile: morì tra le braccia del fratello. Dopo l’arresto, emerse che Bonaiuti possedeva regolarmente un’arma nonostante il suo passato fosse segnato da episodi di depressione. Processato con giudizio immediato, venne inizialmente chiesta per lui la pena dell’ergastolo. Durante il processo l’uomo rilasciò alcune dichiarazioni spontanee sostenendo di pregare ogni giorno per Martina e affermando che anche lui si considerava ormai “un morto vivente“.

La rabbia della madre di Martina Scialdone e una condanna controversa

Rivolgendosi al fratello della vittima, cercò di stabilire una connessione emotiva richiamando il proprio dolore per la perdita delle due sorelle, come se potesse giustificare quanto commesso. Tuttavia, nel corso del procedimento legale venne accolta la tesi della difesa secondo cui il gesto non sarebbe stato premeditato, portando così i giudici a ridurre la pena a 24 anni e 8 mesi. “Per me non è giustizia“, commentò amaramente la madre di Martina in seguito al verdetto. La vicenda ha lasciato profonde ferite e ha riportato all’attenzione il drammatico problema della violenza contro le donne e dei femminicidi in Italia.