Opzione Donna 2026: cosa cambia davvero, chi può ancora uscire prima e quali sono i nuovi requisiti

Serena Comito

Opzione Donna 2026: cosa cambia davvero, chi può ancora uscire prima e quali sono i nuovi requisiti

Negli ultimi anni l’Opzione Donna è stata una delle misure più discusse nel panorama previdenziale italiano. Per molte lavoratrici rappresentava una via d’uscita anticipata dal lavoro, pur accettando un assegno più basso. Ma con l’avvicinarsi del 2026 la domanda è sempre la stessa: esisterà ancora? E soprattutto, chi potrà usarla?

La risposta non è semplice e richiede di fare chiarezza tra regole passate, bozze di legge e nuove restrizioni che stanno ridisegnando la misura.

Cos’è Opzione Donna e come funzionava finora

Opzione Donna è uno strumento che permette alle lavoratrici dipendenti e autonome di andare in pensione prima del previsto, in cambio di un ricalcolo contributivo dell’assegno. Una rinuncia importante, perché la pensione risulta più bassa, ma per molte donne è stata la scelta giusta per ragioni familiari, di salute o semplicemente di sopravvivenza quotidiana.

Per anni i requisiti sono stati questi:

  • 35 anni di contributi,
  • 58 anni di età per le dipendenti,
  • 59 anni per le autonome,
  • una finestra di attesa (12 mesi per le dipendenti, 18 per le autonome) prima della decorrenza effettiva della pensione.

Era una misura accessibile, anche se l’assegno ridotto richiedeva valutazioni attente.

Il punto critico: Opzione Donna non è più “per tutte”

Con le ultime riforme, Opzione Donna si è ristretta al punto da cambiare completamente volto. Le bozze sulla manovra 2026 indicano chiaramente che non è prevista una proroga automatica della misura com’era conosciuta negli anni scorsi. Questo significa che non tutte le donne potranno più accedervi, nemmeno raggiungendo i 58 o 59 anni.

Le categorie oggi ritenute idonee sono molto limitate:

  • caregiver che assistono da tempo un familiare con grave disabilità,
  • lavoratrici con invalidità oltre il 74%,
  • donne licenziate da aziende in crisi.

Tre gruppi, insomma, lontani dalla platea ampia che un tempo poteva accedere alla misura.

Cristallizzazione del diritto: chi può salvarsi

L’unico spiraglio concreto per molte donne è la cosiddetta cristallizzazione del diritto.
Chi ha maturato i requisiti entro una certa data (indicata in diverse analisi come il 31 dicembre 2024) può accedere comunque, anche se nel frattempo la norma non viene prorogata.

In termini pratici:
se una lavoratrice aveva già età e contributi necessari prima dello stop, può presentare domanda anche nel 2026.

Per le altre, purtroppo, il percorso si complica.

Le ipotesi per il 2026: uno scenario ancora incerto

Nelle discussioni degli ultimi mesi è emersa anche l’idea di una “versione light” di Opzione Donna, con uscite possibili dai 58 anni, ma solo per casi specifici e sempre con il ricalcolo contributivo integrale. È un’ipotesi che circola, ma che non è ancora diventata legge.

La direzione, però, appare chiara: Opzione Donna non tornerà più come misura aperta e generalizzata.

Perché l’assegno si abbassa molto

Il ricalcolo contributivo spesso taglia una parte significativa della pensione. Non è un dettaglio da poco: chi sceglie Opzione Donna deve verificare quanto pesa questo taglio sul proprio assegno.
Per alcune donne la differenza è sopportabile, per altre rischia di diventare insostenibile, motivo per cui è indispensabile fare una simulazione con i dati dell’INPS.

Le alternative se Opzione Donna non è accessibile

Con la misura ormai ridimensionata, molte lavoratrici devono guardare altrove. Le opzioni più realistiche per il 2026 sono:

  • pensione anticipata ordinaria (41 anni e 10 mesi di contributi per le donne),
  • pensione di vecchiaia a 67 anni con almeno 20 anni contributivi,
  • APE Sociale per caregiver, invalidità o lavori gravosi,
  • uscite agevolate per lavoratrici in determinate condizioni contrattuali.

Non tutte sono immediate o vantaggiose, ma sono le uniche oggi sul tavolo.

Cosa deve fare chi sta valutando Opzione Donna nel 2026

Per non muoversi alla cieca, il primo passo è controllare la propria posizione contributiva:

  • verificare anni lavorati e periodi figurativi,
  • capire se si rientra in una delle categorie ammesse,
  • simulare la pensione con e senza Opzione Donna,
  • controllare eventuali condizioni che permettono la cristallizzazione del diritto.

In un contesto così incerto, avere un quadro preciso della propria situazione è più utile di qualsiasi promessa politica.

Un futuro in evoluzione

Opzione Donna 2026 rappresenta una misura che sta vivendo una fase di profonda trasformazione. Non è scomparsa del tutto, ma non è più la scorciatoia che molte lavoratrici conoscevano. Tra restrizioni, limiti e requisiti sempre più rigidi, resta utilizzabile solo in casi specifici.

Il consiglio migliore, almeno oggi, è uno solo: informarsi, controllare i propri dati contributivi e valutare ogni scelta sapendo che le regole stanno cambiando velocemente.

FAQ

Opzione Donna esiste ancora nel 2026?
Sì, ma in forma molto limitata e non più aperta a tutte.

Servono sempre 35 anni di contributi?
Sì, il requisito contributivo resta il fondamento della misura.

Chi può farne domanda oggi?
Caregiver, donne con invalidità almeno al 74% e lavoratrici licenziate da aziende in crisi.

È vero che l’assegno si riduce molto?
Sì, Opzione Donna prevede il ricalcolo contributivo, che abbassa l’importo della pensione.

Conviene ancora usarla?
Dipende dal caso personale: per alcune donne può essere una soluzione, per altre il taglio dell’assegno è troppo pesante.