Oggi Acqui Terme si è svegliata più silenziosa. La notizia della morte di Franco “Ciccio” Bistolfi ha colpito non solo chi vive di calcio, ma un’intera comunità. Perché Franco, per tutti semplicemente Ciccio, non era solo il presidente dell’Acqui Calcio: era un pezzo della città, una presenza che sembrava destinata a non mancare mai.
Una vita per l’Acqui e per la sua gente
Sessantaquattro anni vissuti tutti d’un fiato, sempre in mezzo alla gente, sempre tra campo e tribuna. Bistolfi era presidente dell’Acqui, ma la sua figura andava ben oltre la società sportiva. Il calcio, certo, era la passione di una vita – ma chi l’ha conosciuto sa che Ciccio era soprattutto un uomo “di paese”, uno capace di far sentire tutti importanti, di stringere mani e di inventarsi qualcosa quando serviva.
Sotto la sua guida, l’Acqui non è mai stata solo una squadra: è diventata punto di riferimento, scuola di valori e orgoglio di una piccola città che ama il pallone come poche altre. Il suo modo di vivere il calcio era schietto, diretto, a volte anche ruvido, ma mai banale. Ciccio non faceva calcoli: sapeva unire le persone come pochi.
L’ultima corsa, il dolore di una comunità
Negli ultimi giorni, Franco era ricoverato all’ospedale Monsignor Galliano di Acqui. Le condizioni si sono aggravate in fretta, lasciando la città e la squadra senza nemmeno il tempo di prepararsi a un addio così difficile da accettare. Stamattina la notizia è corsa di bocca in bocca, tra i bar del centro e le chat dei tifosi: “È morto Ciccio”.
L’Acqui Calcio ha chiesto subito il rinvio della partita prevista contro l’Albese. Troppo forte il dolore, troppo impossibile pensare di scendere in campo senza di lui. I giocatori, i dirigenti, i volontari: tutti lo ricordano come “un vulcano di idee e positività”, un presidente che non aveva paura di mettersi in gioco in prima persona, di rimboccarsi le maniche quando serviva.
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Il segno che lascia: il calcio, la città, le persone
Non ci sono cifre, medaglie o trofei che possano davvero raccontare cosa ha significato Franco Bistolfi per Acqui. Chi ha indossato la maglia bianca sotto la sua presidenza, chi ha giocato anche solo nel settore giovanile, sa di cosa si parla. Era uno capace di motivare, di arrabbiarsi se serviva, ma anche di sdrammatizzare tutto con una battuta delle sue.
In città lo ricordano anche per il suo impegno fuori dal campo: sempre presente alle feste di paese, sempre pronto ad aiutare chi aveva bisogno. Le istituzioni locali, la società sportiva e i tanti amici stanno già pensando a come onorare la sua memoria: non sarà facile riempire quel vuoto.
Un calcio che sa ancora emozionare
Oggi, mentre Acqui si prepara a salutare il suo presidente, la sensazione è che il calcio locale abbia perso qualcosa di raro. Non solo un uomo di sport, ma un riferimento, un amico. La partita rinviata, il lutto cittadino: piccoli segnali di quanto fosse profondo il legame tra Franco e la sua città.
Chissà se da qualche parte, tra gli spalti e i corridoi dello stadio Ottolenghi, resterà per sempre quell’eco: “Forza Acqui, forza Ciccio!”. E chissà se qualche giovane, tra vent’anni, ricorderà la storia di un presidente che ha amato la maglia più di ogni altra cosa.
FAQ Franco Bistolfi
Quanti anni aveva Franco Bistolfi?
Aveva 64 anni.
Che ruolo ricopriva nel calcio?
Era presidente dell’Acqui Calcio, figura centrale del calcio locale.
Cosa succederà ora alla squadra?
La società ha chiesto il rinvio della prossima partita per lutto, e si attende un omaggio ufficiale nei prossimi giorni.
Come viene ricordato ad Acqui?
Come un uomo sempre presente, appassionato, capace di unire la comunità attorno allo sport.
“Head Staff”, giornalista pubblicista laureata in letteratura, amo scrivere e apprendere costantemente cose nuove. Trovo che il mestiere del giornalista sia uno dei più affascinanti che esistano. Ti consente di apprendere, di conoscere il mondo, farti conoscere e di entrare in simbiosi con il lettore






