Don Basilio Gavazzeni era uno di quei sacerdoti che sapeva cosa significava stare “in trincea”, e la sua storia – tra attentati, battaglie sociali e un amore spietato per la verità – resta impressa nella memoria di Matera.
Una vocazione nata tra Bergamo e Matera
Nato il 7 luglio 1945 a Verdello, vicino Bergamo, Basilio Gavazzeni aveva il carisma ruvido di chi viene dalla provincia. Nel 1971, a 26 anni, entra nella Congregazione Monfortana e viene ordinato sacerdote. Da subito sceglie la strada più difficile: essere parroco dove la povertà e la paura mordono più forte, prima nel Nord Italia, poi – dagli anni ’80 – in Basilicata.
Arrivato a Matera, Don Basilio diventa subito il punto di riferimento per la parrocchia di Sant’Agnese. Ma non è il solito prete di quartiere. Lo si capisce dal modo in cui, la domenica, si rivolge ai fedeli: “Non abbiate paura di denunciare, perché il silenzio è l’anticamera dell’inferno”.
La lotta all’usura: voce e cuore contro il silenzio
Non è un segreto: a Matera, come altrove, l’usura è una realtà subdola. Don Basilio non la nasconde mai sotto il tappeto. Anzi: la combatte a viso aperto, fondando la Fondazione Lucana Antiusura “Mons. Vincenzo Cavalla” e diventandone presidente. Negli anni, aiuta decine di famiglie strozzate dai debiti, si schiera contro il gioco d’azzardo e denuncia – microfono in mano – i danni che fa. “L’usuraio? Non è il mostro che immagini: è spesso il vicino di casa”.
Il coraggio non gli manca mai. Anzi, più si fa avanti chi lo osteggia, più lui alza la voce.
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1994: quell’attentato che lo fece rinascere
Forse non lo sapevi, ma nel 1994 la sua parrocchia viene colpita da un attentato vero: un chilo di tritolo fatto esplodere per spaventarlo. Eppure Don Basilio non lascia nemmeno per un giorno la sua chiesa. Ricostruisce la parrocchia insieme ai suoi parrocchiani e, dove c’era solo paura, crea uno spazio per ragazzi, cultura e sport.
“Non si combatte il male con la vendetta, ma dando un’alternativa alla rabbia”, ripeteva spesso.
Un prete “scomodo”, ma sempre umano
Era schietto, anche duro quando serviva. Non sopportava le ipocrisie, e per questo ha raccolto più di un nemico. Ma per chi ha avuto bisogno – dalle famiglie rovinate dai debiti ai giovani senza speranza – è stato un padre vero.
Non amava essere definito “eroe”. Preferiva la parola “servo”, e lasciava parlare i fatti: una carezza a chi soffriva, una battuta ai bambini, una mano tesa dove nessun altro aveva il coraggio di arrivare.
Nei suoi ultimi anni era diventato una sorta di “memoria storica” per Matera. Scriveva riflessioni sulla fede, sulla morte, sulla capacità di perdonare. In una delle sue ultime lettere parlava di “buona morte”, quella di chi lascia la vita senza rimpianti, perché ha lottato per il bene vero.
L’ultimo addio e il segno lasciato
Don Basilio Gavazzeni si è spento a Matera il 29 agosto 2025, a 80 anni. Il suo funerale, celebrato nella parrocchia di Sant’Agnese, è stato un fiume di gente. Preti, laici, gente comune, tutti a salutarlo come si fa con chi davvero ha lasciato il segno.
La diocesi ha parlato di “uomo dal carattere schietto e diretto, che ha lasciato un segno indelebile”. Chi lo ha conosciuto sa che quello che conta, oggi, non sono le parole ma le storie: quelle delle famiglie salvate, dei giovani tornati a sperare, delle battaglie vinte – o anche solo combattute.
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FAQ – Don Basilio Gavazzeni
Quando e dove è nato Don Basilio Gavazzeni?
A Verdello (Bergamo) il 7 luglio 1945.
Cosa ha fatto di speciale a Matera?
Parroco a Sant’Agnese, fu riferimento per la lotta contro l’usura e la difesa delle persone fragili.
Perché era famoso per il coraggio?
Nel 1994 subì un attentato: invece di arrendersi, ricostruì e aprì spazi culturali e sportivi.
Ha scritto libri o lasciato scritti?
Ha lasciato riflessioni intense su fede, morte, legalità, spesso pubblicate nei media locali.
Quando è morto e dove si sono svolti i funerali?
Il 29 agosto 2025 a Matera; funerali il 1 settembre a Sant’Agnese.
“Head Staff”, giornalista pubblicista laureata in letteratura, amo scrivere e apprendere costantemente cose nuove. Trovo che il mestiere del giornalista sia uno dei più affascinanti che esistano. Ti consente di apprendere, di conoscere il mondo, farti conoscere e di entrare in simbiosi con il lettore






