Tra Natura, Tradizione e Biodiversità: un’analisi del progetto vitivinicolo di Maurizio Donadi

Daniela Devecchi

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In un’epoca in cui il marketing spesso sovrasta la sostanza, esistono ancora realtà capaci di parlare con la voce autentica della terra. Il progetto vitivinicolo di Maurizio e Fabiola Donadi è una testimonianza concreta di come agricoltura, etica e cultura possano intrecciarsi senza forzature.

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Un approccio artigianale e consapevole

Maurizio Donadi propone una linea di vini naturali che affonda le radici nella pratica biodinamica e nel rispetto dei cicli naturali. Sia nella vigna di Casera Frontin a Borgo Valbelluna, che in quella di Casa Costa Signor nel cuore del Prosecco DOCG, si respira un’idea di produzione lontana dall’agroindustria. Qui non si parla di quantità ma di qualità, non di performance ma di ecosistemi.

La scelta di non utilizzare pesticidi chimici o additivi enologici non è una posa, ma un gesto coerente con una filosofia agricola che mira a preservare la vitalità del suolo, la biodiversità, e la salute del consumatore. I vini, in questo contesto, sono visti come il naturale esito di un equilibrio agricolo più che il prodotto di un processo industriale.

Due luoghi, due anime, una sola visione

Casera Frontin, immersa nei boschi bellunesi, è quasi una piccola arca di biodiversità: fiori selvatici, alberi da frutto, insetti e uccelli convivono con la vigna in un microcosmo che pare fuori dal tempo. Il paesaggio qui è parte integrante del vino, ne suggerisce i profumi e i toni. Come si legge nel documento, ogni sorso è “un viaggio sensoriale attraverso le colline di Valbelluna”.

Casa Costa Signor, invece, custodisce la memoria del Prosecco di una volta. È un fazzoletto di terra scosceso e difficile, lavorato ancora a mano, dove il vino diventa un atto d’amore per la tradizione familiare. Qui la viticoltura è fatica ma anche festa, ed è evidente come il legame con la memoria contadina sia ancora vivo, tra aneddoti di raccolte, canti e pranzi in vigna.

Vino come racconto del territorio

Ciò che colpisce in entrambi i progetti è l’intenzione di raccontare la terra più che il prodotto. Il vino, per Maurizio e Fabiola, è narrazione liquida: raccoglie, conserva e trasmette storie di luoghi, di stagioni e di persone. Ogni bottiglia si propone così come documento culturale, oltre che oggetto edonistico.

Nel sito, la gamma di prodotti è presentata con sobrietà e rigore, coerente con lo spirito artigianale dell’azienda. Le etichette non gridano, ma raccontano. Si va da rifermentati in bottiglia a macerati su bucce, in linea con le più autentiche espressioni del vino naturale italiano. Le vinificazioni avvengono senza filtrazioni né chiarifiche, valorizzando l’identità di ogni annata.

Degustazioni ed eventi: un invito al dialogo

Il progetto non si ferma alla produzione. Le degustazioni in cantina sono concepite come esperienze sensoriali e culturali, non meri momenti commerciali. L’intento è chiaro: costruire una relazione diretta con il visitatore, offrire l’occasione di comprendere il vino nel suo contesto originario, di viverlo e non solo assaggiarlo.

Anche gli eventi – come “Cantine Aperte” e i tour tra i vigneti – sono declinati con delicatezza, senza spettacolarizzazione, per valorizzare un turismo lento, rispettoso, partecipe.

Il progetto di Maurizio Donadi si distingue per coerenza, autenticità e una profonda consapevolezza ecologica. Non si tratta solo di fare vino, ma di custodire una memoria, di praticare una forma di resistenza culturale all’omologazione. In un panorama vinicolo spesso sovraffollato di etichette “green” di facciata, questo è un esempio raro di integrità.

Chi cerca nel vino non soltanto un piacere sensoriale, ma un ponte verso un territorio e la sua anima, qui troverà molto più di una semplice bottiglia. Troverà una storia da ascoltare, una terra da rispettare, un vino da capire.