Un nuovo linguaggio del gioiello: materiali industriali e trasformazione nel lavoro di Carlotta Di Cerbo

Daniela Devecchi

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Nel panorama del design contemporaneo italiano si fa spazio una linea di ricerca che non mira a definire un’estetica del lusso, ma piuttosto a interrogare il senso stesso dell’oggetto ornamentale. A partire dal 2016, la progettista Carlotta Di Cerbo porta avanti una sperimentazione che unisce materiali non convenzionali, pratiche artigianali e una riflessione sul riuso. Il suo progetto prende forma a Milano, città dove si è formata in Architettura e, dal 2020 (periodo post Covid) la produzione si è spostata a Benevento sua città natale. Ad oggi, proprio nella splendida cornice del capoluogo campano, realizza accessori che si collocano a metà strada tra il gioiello e l’oggetto flessibile.

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Un marchio, una garanzia

Il marchio che porta il suo nome, Carlotta Scarabeo, nasce da un’idea precisa: allontanarsi dal concetto tradizionale di gioiello come oggetto prezioso e statico, per proporre invece manufatti mobili, leggeri e modificabili. I materiali impiegati – principalmente corde nautiche e raccordi in rame – provengono da ambiti industriali. Vengono recuperati e rielaborati, spesso a partire da scarti di produzione. Il risultato sono composizioni che si prestano a essere riassemblate, piegate, riconfigurate in base alle esigenze di chi le indossa.

Si tratta di oggetti che cambiano funzione e aspetto attraverso un uso quotidiano e non necessariamente cerimoniale. Le giunture in rame fungono da nodi di connessione tra parti diverse, permettendo un’ampia varietà di forme e combinazioni. Il gesto progettuale non si esaurisce nella creazione di un disegno fisso, ma si estende alla possibilità, lasciata all’utente, di intervenire sul pezzo nel tempo. In questo senso, il lavoro di Carlotta Di Cerbo può essere interpretato come una riflessione sul movimento, sulla provvisorietà e sulla relazione tra corpo e oggetto.

Un progetto “su più piani”

Le scelte produttive seguono una logica coerente con questa impostazione. Ogni accessorio è realizzato a mano e può essere personalizzato combinando elementi di diversa fattura. I pezzi non sono ripetibili in serie identica: anche nei casi in cui la forma è replicabile, la variabilità nei materiali garantisce comunque un certo grado di unicità. La produzione avviene su piccola scala, e coinvolge laboratori artigianali locali, come quello che si occupa della galvanizzazione dei componenti in rame nel centro di Milano.

Il packaging stesso riflette l’attenzione alla sostenibilità e alla non ripetibilità: gli astucci che contengono i gioielli sono cuciti a partire da tessuti di scarto, recuperati da industrie manifatturiere. Ogni confezione è diversa dall’altra, per trama, colore e composizione.

Il progetto di Carlotta Scarabeo si muove quindi su più piani: quello materico, con l’uso di materiali tecnici reinterpretati in chiave ornamentale; quello formale, con una progettazione aperta e flessibile; e quello etico, con una produzione attenta ai consumi e alla provenienza delle risorse. In un momento storico in cui il tema del riutilizzo è sempre più centrale nel dibattito sul design, l’approccio di Carlotta Di Cerbo propone una strada concreta, che unisce pensiero critico e pratica manuale.