“Non possiamo tacere”: l’appello dei pediatri italiani per Gaza

Serena Comito

Un bambino di quattro anni è morto di fame. Nove fratelli sono stati uccisi nello stesso giorno da un bombardamento. Questo non è l’inizio di un romanzo drammatico, ma la realtà che ci arriva da Gaza. Una realtà che l’Associazione Culturale Pediatri (ACP) ha scelto di non ignorare.

Il 25 maggio scorso, il piccolo Mohammed, quattro anni appena, è morto. Non di malattia, non in un villaggio sperduto senza accesso ai viveri, ma in un luogo dove il cibo esiste e non arriva, perché bloccato. Perché usato come strumento di guerra.

Nello stesso giorno, Alaa al-Najjar, pediatra e madre, ha visto arrivare in ospedale i corpi senza vita dei suoi nove figli, vittime di un raid aereo. Il decimo, unico sopravvissuto, lotta ancora per rimanere in vita.

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La fame non è un’arma

L’ACP, insieme a numerose associazioni mediche e società scientifiche, ha scelto di rompere il silenzio e lanciare un appello che va oltre la politica. Parla con la voce delle madri, dei padri, dei pediatri, di chi ogni giorno si prende cura dei bambini, delle loro fragilità, delle loro speranze.

Secondo un editoriale pubblicato da The Lancet il 24 maggio, a Gaza muoiono in media 35 bambini al giorno. Il conto delle vittime ha superato quota 18.000. Ma a straziare non è solo il numero. È il modo. Molti muoiono non per un’esplosione, ma per fame, senza che si possa fare nulla. Non per una carestia naturale, ma per il blocco dell’accesso agli aiuti umanitari.

La fame è diventata un’arma. E questo, per i pediatri italiani, è inaccettabile.

“Non possiamo tacere”

Nel documento firmato dalla presidente Stefania Manetti, dal direttivo nazionale e dai referenti regionali ACP, si legge un messaggio chiaro, che non chiede vendetta ma giustizia, non cerca uno scontro ma una voce collettiva che si alzi contro l’indifferenza.

“Dobbiamo comunicare la nostra indignazione. Come madri e padri. Come pediatri. Come esseri umani. I bambini non sono nemici.”

Parole che non lasciano spazio a interpretazioni. Perché quello che sta accadendo, oltre ogni dibattito geopolitico, è la sistematica distruzione dell’infanzia. Un’intera generazione privata di sicurezza, di protezione, di futuro.

Le ferite invisibili di una guerra

Oggi Gaza ospita la più alta concentrazione al mondo di bambini amputati. E tra i sopravvissuti, molti non mangeranno domani. Alcuni non parlano più. Altri hanno visto morire genitori e fratelli. Ferite invisibili, che non si misurano con le statistiche.

L’ACP denuncia l’uso degli aiuti umanitari come merce di scambio, come arma silenziosa, subdola, che colpisce chi è più vulnerabile: i bambini.

E chiede a gran voce che questa violazione dei diritti fondamentali venga riconosciuta e fermata.

Una voce da amplificare

Chi ha ancora parole deve usarle. Chi può scrivere, denunciare, raccontare, ha il dovere morale di farlo. Perché ogni volta che si tace, si legittima. Ogni volta che si gira lo sguardo, si partecipa.

L’appello dei pediatri italiani è un richiamo alla coscienza collettiva. Non è un comunicato, è una presa di posizione. È un invito, quasi una supplica: non normalizziamo l’orrore. Non smettiamo di indignarci.