Scatti potenti, che hanno messo in mostra tutta povertà degli uomini e le problematiche ambientali che la nostra Terra si trova, tutt’ora, ad affrontare. Fotografie intense, rese ancora più impattanti per l’occhio e il cuore grazie alla scelta stilistica del bianco e nero. E’ stato un maestro della fotografia il brasiliano Sebastião Salgado, morto nella giornata di oggi all’età di 81 anni, come riportato l’Académie des Beaux-Arts a Parigi.
Sensibilità e potenza: chi era Sebastião Salgado
Protagonista di un documentario girato da Wim Wenders con la partnership del figlio del fotoreporter Juliano Ribeiro, Salgado si è spento a Parigi, dove viveva dal 1990. Nelle sue fotografie il brasiliano – originariamente propenso a lanciarsi nella carriera da economista – si concentra sul binomio tra natura e umanità, ritraendone spesso i tratti più cupi e drammatici, al fine di accendere un faro su tematiche che dovrebbero essere care ad ognuno di noi, come il fenomeno dell’immigrazione.
Si avvicina all’arte e alla professione fotografica a seguito di una missione in Africa, dove realizza un primo reportage sulla siccità. E’ stato nome di punta di blasonate agenzie fotografiche, dalla celeberrima Magnum alla Gamma, sino a formare una sua struttura autonoma, la Amazonas Images, al fianco dell’amata moglie Lélia Wanick Salgado, altro personaggio decisivo per l’inizio della sua ascesa dietro la macchina fotografica.
La fotografia è profondamente soggettiva. È il mio modo di vedere: le mie immagini nascono dalle mie idee politiche e ispirazioni ideologiche.
Sebastião Salgado è stato capace, in modo diverso ma ugualmente straordinario a quello proposto dall’italiana Letizia Battaglia, di raccontare l’indigenza dei popoli più bisognosi, Africa in testa. Salgado amava sostenere che i fotografi sono “gli occhi del mondo” ed era proprio questo l’intento che intendeva perseguire: trasporre al mondo la condizione umana, sociale e ambientale del nostro Pianeta, con l’intento di smuovere le coscienze.
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