Un ritratto del cardinale svedese Anders Arborelius: storia, conversione, fede discreta e forza tranquilla in un’Europa che cerca ancora Dio
In un mondo dove anche nella Chiesa il rumore sembra spesso contare più della sostanza, il cardinale Anders Arborelius cammina su un sentiero diverso. Silenzioso, riservato, per certi versi quasi schivo, ma con una coerenza che pochi riescono a mantenere per decenni. Svedese, convertito dal protestantesimo, carmelitano: già solo questi tre dati lo rendono una figura sui generis.
Vita e carriera ecclesiastica
Nato nel 1949 a Sorengo, in Svizzera, ma da famiglia svedese, Arborelius è cresciuto in un contesto luterano. Poi, negli anni turbolenti del Sessantotto, quando tanti abbandonavano la fede, lui l’ha trovata. Una conversione vera, non di facciata: entra tra i Carmelitani Scalzi e nel 1979 diventa sacerdote. C’è già qualcosa di unico in questo percorso: un giovane svedese che si fa carmelitano non è esattamente pane quotidiano.
Nel 1998, Giovanni Paolo II lo chiama a guidare la diocesi di Stoccolma. È il primo vescovo cattolico svedese dopo la Riforma. Non proprio un incarico comodo: in tutta la Svezia i cattolici sono appena 100.000 su oltre dieci milioni di abitanti. Nonostante ciò, Arborelius non si lamenta, non si mette a fare discorsi sulla secolarizzazione. Si rimbocca le maniche. Parla poco, ascolta molto. Visita, celebra, accompagna. Nessun clamore, ma una costanza quasi imperitura.
Nomina a Cardinale
Nel 2017, Papa Francesco lo fa cardinale. Non per premiarlo, ma per indicare qualcosa: anche nelle terre più fredde e secolarizzate, c’è ancora brace sotto la cenere. E lui, in mezzo a questa neve spirituale, riesce a mantenere viva la fiamma. Lo fa con una liturgia sobria, senza teatralità, e con attenzione sincera ai poveri, agli immigrati, ai piccoli. Non si fa pubblicità. Non cerca consensi. Ma è presente, e questo basta.
C’è chi vorrebbe incasellarlo: progressista? conservatore? No, niente etichette. È un uomo saldo, fedele alla dottrina, ma senza fare la morale a tutti. Ha favorito anche la liturgia tradizionale, ma senza farne un vessillo ideologico. È uno di quelli che, mentre molti parlano, fanno. E non pretende applausi. Nel conclave, che inizierà tra due giorni, la sua figura appare per quello che è: un pastore onesto, senza pose, che continua a seminare anche dove il terreno sembra arido. E alla fine, come spesso accade, è proprio questo tipo di uomini a cambiare davvero le cose.
Mi chiamo Antonetta Del Prete, classe 1991 e sono laureanda in Lettere. Da sempre mi piace leggere libri, soprattutto i fantasy, e scrivere in particolare di cinema, gossip, spettacolo, serie TV e tanto altro.