Luigi Mangione, 26 anni, accusato dell’omicidio del CEO Brian Thompson, affronta il processo a Manhattan. Ecco chi è
Nel primo pomeriggio del 25 aprile, Luigi Mangione è entrato silenziosamente nel tribunale federale di Manhattan. Vestito con la solita uniforme da detenuto, espressione impassibile, quasi annoiato. Ha sorriso solo quando si è seduto accanto al suo avvocato. Per il resto, trenta minuti di monosillabi: “sì”, “rinuncio”, “non colpevole”. Scopriamo la sua storia.
Chi è Luigi Mangione
Mangione, 26 anni, italoamericano originario del Maryland, è accusato dell’omicidio di Brian Thompson, CEO di UnitedHealthcare. Lo hanno arrestato in un McDonald’s della Pennsylvania, a centinaia di chilometri dalla scena del delitto. Con sé, una pistola col silenziatore, documenti falsi e un manifesto scritto a mano che pare rivendicare l’omicidio. Una scena quasi cinematografica, se non fosse tutto vero. La storia ha fatto il giro del mondo in poche ore. Alcuni lo hanno apostrofato come un folle, altri come una sorta di vendicatore moderno. I tre bossoli trovati sul luogo del delitto portavano incise le parole “deny”, “defend” e “depose” – un riferimento palese al linguaggio giuridico usato dalle assicurazioni sanitarie americane per evitare i risarcimenti.
Ma Mangione non è il solito disadattato che agisce spinto dal rancore. Viene da una famiglia facoltosa e conservatrice, ha studiato in scuole d’élite, si è laureato con onori alla Penn, e ha vissuto in un co-living alle Hawaii, fondando un club del libro dove si leggeva anche il manifesto di Unabomber. Una biografia a metà tra il borghese privilegiato e l’intellettuale solitario. Ma ora Luigi rischia la pena di morte.
Il processo
La procuratrice generale Pam Bondi ha già annunciato l’intenzione di chiedere la condanna capitale. L’ha fatto prima in tv, poi su Instagram. E secondo il team legale di Mangione, la messinscena è stata tutto fuorché casuale: propaganda pura, servita al pubblico come un piatto di fast food mediatico.
Fuori dal tribunale, la tensione era palpabile. Da un lato l’artista Scott LoBaido con la sua installazione “Deep Fried Luigi”, dall’altro un piccolo gruppo di sostenitori con cartelli contro le assicurazioni. Nessuno ha avuto il coraggio di dirlo apertamente, ma era scontato: non si stava più parlando solo di un omicidio. Si stava celebrando un processo simbolico, tra potere, ideologia e social network. Mangione tornerà in aula a giugno per il processo statale e a dicembre per quello federale. Nel frattempo, resta detenuto e sotto i riflettori.
Mi chiamo Antonetta Del Prete, classe 1991 e sono laureanda in Lettere. Da sempre mi piace leggere libri, soprattutto i fantasy, e scrivere in particolare di cinema, gossip, spettacolo, serie TV e tanto altro.