A cinquant’anni dalla morte di Sergio Ramelli, la scelta di intitolargli vie e piazze accende un dibattito pubblico tra memoria e storia
Il 29 aprile 1975 moriva Sergio Ramelli, 19 anni, studente e militante del Fronte della Gioventù. Era stato aggredito con una chiave inglese da militanti di Avanguardia operaia. Morì dopo 47 giorni di agonia. Una vicenda atroce, assurda, figlia di un’epoca dove bastava un’idea per finire in ospedale o, peggio, morire.
La decisione dei comuni
Oggi, a distanza di mezzo secolo, non è tanto la sua storia personale a far discutere. A riaccendere gli animi è la decisione di alcuni Comuni, tra cui Sesto San Giovanni, di intitolargli strade e piazze. Scelta che non tutti vedono come un semplice gesto commemorativo. Anzi, secondo molte voci, si tratta di un modo per riscrivere la storia italiana a uso e consumo di una destra che, più che pacificare, pare voler riaccendere gli animi.
“Ramelli non meritava certo di morire”, ha detto Luca Stanzione della CGIL Milano. “Ma oggi il suo nome viene caricato di significati che vanno ben oltre la sua vicenda.” Non è un dettaglio che la cerimonia di intitolazione a Sesto sia stata fissata proprio il 28 aprile, giorno della morte di Mussolini. Coincidenze? Forse. Ma ce ne sono troppe per non sembrare volute.
Le proteste
Le manifestazioni non sono tardate ad arrivare. Già una ieri, alle 18:30 in Piazza Resistenza a Sesto San Giovanni ed un’altra oggi sempre alle 18:30 in Via Mariani angolo Piazza Italia a Cinisello Balsamo. Non solo la CGIL, ma anche ANPI, ARCI, Emergency e altri gruppi hanno deciso di scendere in piazza. Vogliono difendere la memoria antifascista e ribadire che non tutte le morti possono essere messe sullo stesso piano. Ramelli, certo, era una vittima. Ma fare di lui un simbolo pubblico ha un peso.
A margine della vicenda, anche il Presidente del Senato La Russa ha detto la sua. Ha definito certe rievocazioni “fuocherelli”, un termine che sa un po’ di minimizzazione, forse pure di sufficienza. Ma ogni anno questi “fuocherelli” sembrano diventare roghi: tra saluti romani, slogan, e un’aria che puzza di passato che non passa mai. Il punto, alla fine, non è ricordare o meno Ramelli. Il punto è come lo si fa. E, soprattutto, perché. In una stagione in cui la memoria pare diventare terreno di scontro, anche una targa può sembrare un pretesto per fare la ramanzina alla Storia.
Mi chiamo Antonetta Del Prete, classe 1991 e sono laureanda in Lettere. Da sempre mi piace leggere libri, soprattutto i fantasy, e scrivere in particolare di cinema, gossip, spettacolo, serie TV e tanto altro.