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Libri

Il Giorno del Mondo in un giro: intervista esclusiva a Luca Mancin

Luca Mancin è nato a Torino nel 1999 e vive tra Candiolo, Milano e Sestriere.

È appassionato di filosofia e sci.

Il Giorno del Mondo in un giro è la sua prima pubblicazione.

Per saperne di più lo abbiamo intervistato.

L’intervista a Luca Mancin

Parlaci un po’ di te…

Sono nato nel 1999 a Torino e abito in un paesino sconosciuto. Mi sono trasformato sin da piccolo in un accanito lettore e con il tempo ho maturato una grande curiosità per tutto ciò che può ispirarmi una storia. Il che comprende pressoché qualsiasi cosa sulla faccia della terra.

I miei nonni sognavano di vedermi diventare ingegnere. E io per non deluderli mi sono iscritto a filosofia. Ora studio a Milano e ho una scusa valida per trascorrere giornate intere a leggere e studiare.

Cosa ti piace leggere?

Le mie letture spaziano dai saggi filosofici ai romanzi. Tra questi ultimi, amo quelli un po’ surreali o di realismo magico. Tra i miei scrittori preferiti ci sono sicuramente Saramago, Calvino, Tabucchi e Queneau. Ultimamente sto cercando di leggere tutti i classici e le opere che devono rientrare nel “canone” di ogni lettore seriale che si rispetti.

Provo a vivere la lettura come una sorta di apprendistato in modo da leggere e assorbire il più possibile. Poi, proprio come una spugna, spremo nella mia scrittura tutto ciò che ho trattenuto.

Qual è il tuo hobby?

Si può dire che io abbia una parte più orientata alle passioni pratiche e una più orientata alle passioni teoretiche. Nella prima categoria rientrano lo sport in tutte le sue declinazioni e i viaggi. Sono un maestro di sci, gioco a calcetto ogni settimana, parto volentieri zaino in spalle.

Nella seconda categoria ci sono gli aspetti dello studio, dell’arte, della scrittura. Amo imparare nuove cose, andare al museo e poi cerco di scrivere su ciò che mi piace – scrivo articoli online per Officina Magazine e per Eisordi.

Provo a vivere tutte queste attività come esperienze formanti, che spesso mi forniscono un ottimo materiale per la scrittura.

Parlaci del tuo libro. A chi lo consiglieresti e perché?

Il Giorno del Mondo in un giro racconta le vicende di Barnabò, un professore di chimica scontroso e introverso. Quando si trasferisce a Aetopoli per lavorare nell’università della regione, la sua vita viene stravolta dagli stravaganti abitanti della cittadina. Una serie di esperienze e di incontri – in particolare durante la fiera denominata il Giorno del Mondo – lo costringeranno a cambiare prospettiva e rivedere le sue priorità…

Penso che questo sia un libro adatto a un’ampia gamma di lettori. Lo stile è semplice e diretto, spesso colloquiale, e i personaggi sono ironici e divertenti. La trama è lineare, perché ritengo che il cuore del libro siano i suoi personaggi, le loro ossessioni e i loro dialoghi. Per questo non penso sia un libro da consigliare esclusivamente a una precisa cerchia di lettori, anzi. Penso che chiunque possa leggerlo e possa riflettere su alcuni spunti che ho disseminato lungo la narrazione. Si tratta di riflessioni e tematiche generali e comuni ai più, in cui ciascuno può immedesimarsi. In particolare, il protagonista Barnabò racchiude un po’ le idiosincrasie che ognuno di noi ha.

Come sono nati i personaggi?

È stato un travaglio – artisticamente parlando – lungo e bizzarro. Si può dire che alcuni siano il frutto di una stratificazione di idee, spunti, riflessioni frutto di film – Woody Allen tra tutti – o libri – in particolare Sostiene Pereira mi ha stimolato tanto per il protagonista.

Per altri personaggi, invece, è stato più complesso. Rimanevano anonimi e senza caratteristiche esteriori fintantoché non mi imbattevo in persone reali che avessero le fattezze o le manie che ritenevo perfette per i miei personaggi. In quel momento riuscivo a dare un volto e un corpo a quelli che prima erano solo gruppi nebulosi di idee.

Per quanto riguarda i nomi, che sicuramente sono poco comuni, posso riassumere la scelta con il latinismo nomen omen. Ogni personaggio, eccetto Barnabò, ha un nome che è una parola straniera che riassume la loro identità.

Ti è mai venuto il blocco dello scrittore?

No, o perlomeno non così come viene spesso rappresentato o descritto. Certamente mi è capitato di non essere sicuro di come voler proseguire una parte o di avere dubbi su come concludere alcuni dialoghi. Tuttavia, mi è capitato spesso di non essere in vena di scrivere – e mi capita tuttora. Più che di un blocco si tratta di una scarsa ispirazione. In quei casi preferisco non scrivere nulla che scrivere qualcosa che non mi convince. In generale, ho questo rapporto di amore e odio con la scrittura: alcuni giorni non mi fermerei mai, altri preferisco evitare di mettermi al computer.

Quali sono le tue fonti di ispirazione?

Ovviamente la lettura. E poi film e serie tv. In generale sono dei piccoli dettagli o delle frasi a farmi scattare un collegamento di idee che poi si rivela uno spunto per la scrittura. Cerco in tutto ciò che mi capita di leggere o guardare il lato originale della faccenda, il paradosso, il nonsense.

Anche la vita di tutti i giorni, però, offre grande ispirazione: le persone reali spesso superano la fantasia. Per esempio, osservare i passeggeri in metropolitana o in treno mi ha fornito un ricco repertorio di tic, comportamenti bizzarri, dialoghi.

Qual è il messaggio insito nel libro?

Il Giorno del Mondo in un giro può considerarsi un romanzo di formazione, sebbene il protagonista sia un po’ in là con gli anni. Forse sta proprio qui il vero messaggio: non c’è un limite di età per cambiare le proprie abitudini, per superare gli ostacoli che ognuno si trova a dover affrontare. Barnabò, grazie agli abitanti di Aetopoli e agli incontri che fa durante il Giorno del Mondo, si rende conto di ciò e prova a recuperare il tempo perso. Realizza il fatto che non tutto può essere progettato in anticipo e che spesso gli eventi non seguono il corso che vorremmo. In fondo il bello è proprio l’imprevedibilità della vita. E questa imprevedibilità ci deve stimolare, non costringerci all’angolo per la paura di mettersi in gioco.

Quanto c’è di te nei tuoi personaggi?

C’è un po’ di me in tutti i personaggi e in tutte le considerazioni del libro. Si può dire che io abbia diluito e ripartito alcuni miei aspetti che volevo comunicare in varie dinamiche della narrazione o in alcuni atteggiamenti dei personaggi. Ci sono alcuni ricordi di infanzia – alcune ambientazioni sono il frutto di viaggi fatti da bambino –, altre mie piccole ossessioni – il bicchiere d’acqua di Barnabò –, altre ancora esperienze personali – il mio sogno di possedere una capretta tibetana nana.

Progetti futuri?

Attualmente sto scrivendo un altro romanzo, anche se non riesco a dedicargli sempre tutto il tempo che vorrei. Tuttavia, sto dando forma scritta alle mie idee e sto riuscendo a tradurre nel concreto il disegno narrativo che ho in testa. La storia è un po’ più articolata e io provo ogni giorno a migliorarmi, a creare uno stile più solido e ad acquisire una maggiore profondità narrativa.

Inoltre, ho già in mente un paio di nuove idee…

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