Il calcio italiano fa i conti con il coronavirus
Il ciclone coronavirus sembra sul punto di spazzare via lo sport mondiale. Anche le Olimpiadi, infatti, sono state rimandate al 2021, prendendo atto dell’impossibilità di tornare presto alla normalità. Mentre sono praticamente ferme tutte le discipline che prevedono il contatto tra gli atleti, considerate veicolo di contagio. In questo quadro, anche il calcio italiano si ritrova a dover pensare al futuro. Per il presente non sembra esserci spazio. Come sta scoprendo la Serie A.
Cresce il fronte di chi vuole cancellare la stagione
Se qualche tempo fa qualcuno ancora si illudeva di poter riprendere la stagione, magari in estate, per concluderla, ora la situazione sembra essere mutata. Anzi, sembra crescere il fronte dei contrari ad una ripresa, sotto qualsiasi veste, della stagione. La gara tra Sassuolo e Brescia del 9 febbraio potrebbe quindi essere stato l’ultimo atto della stagione 2019-20. A spingere in tal senso è la constatazione che uno stop definitivo sarebbe più conveniente per molti.
Risparmiare sugli stipendi
Molti club, in particolare quelli che non hanno più traguardi sportivi, si sono fatti i conti. Scoprendo che stoppando la stagione e risparmiando sugli stipendi residui avrebbero meno danni che riprendendola.
Una constatazione del tutto decisiva, alla luce delle condizioni critiche di gran parte dei bilanci. Che, peraltro, potrebbe fare da spunto per una riflessione molto profonda, tesa a riorganizzare su basi più sostenibili il calcio italiano.
Si preannuncia battaglia sugli stipendi
Mentre si riflette sul da farsi, si profila una vera e propria battaglia sugli stipendi. Ove la stagione non riprendesse, le società potrebbero risparmiare sino al 30%. Per molti bilanci sarebbe quindi molto più conveniente fermare tutto. Basti pensare in tal senso che il solo Cristiano Ronaldo ci rimetterebbe circa 9 milioni di euro.
I giocatori dovranno comunque fare buon viso a cattivo gioco, considerato quello che guadagnano. Il problema di dover portare da mangiare a casa non è certo il loro, a questo punto.