Memorie di un boia che amava i fiori: intervista esclusiva a Nicola Lucchi

Nicola Lucchi lavora come autore, sceneggiatore e copywriter.
Vincitore e finalista di numerosi concorsi internazionali, si aggiudica il primo premio inediti
del Festival Giallo Garda 2015, grazie al quale pubblica Da un inferno all’altro (Betelgeuse),
suo romanzo d’esordio.
Nel 2017, per Edizioni EL pubblica Johnny il camaleonte, primo libro per l’infanzia seguito, nel 2019, da Il pallone di cuoio (Bacchilega Jr).
Ha collaborato con riviste specializzate quali Nocturno, Mistero Magazine e Limina, per le quali si è occupato prevalentemente di cinema.
Grande appassionato dell’età d’oro di Hollywood, pubblica nel 2019 Filastrocche dell’addio: sangue e lacrime in celluloide (Bakemono Lab), raccolta di filastrocche macabre illustrate dall’artista Nicola Ballarini, nelle quali narra vita e morte di 17 divi del cinema classico americano.
Noi l’abbiamo intervistato per la sua ultima fatica letteraria, ovvero Memorie di un boia che amava i fiori.
L’intervista a Nicola Lucchi
Parlaci un po’ di te…
Vivo tra Italia e Stati Uniti, ma ora, dopo sette anni a Los Angeles, torno più frequentemente in Italia, soprattutto per ragioni lavorative. Sono sceneggiatore, ma amo molto la narrativa, alla quale dedico molto tempo. Scrivo sia racconti per bambini che libri per adulti. Ciò significa che passo la maggior parte del mio tempo con la testa per aria.
Cosa ti piace leggere?
Sono cresciuto leggendo i grandi della letteratura gotica e horror, da Poe a Hodgson, da Hoffmann a Bierce, passando naturalmente per Lovecraft, Stoker e la Shelley (il suo Frankenstein resta uno dei miei romanzi preferiti). Diventando grande ho abbandonato un po’ il genere, anche se quello che leggiamo durante l’adolescenza credo ci resti addosso per tutta la vita. Forse è per questo che ancora oggi il macabro e l’orrore, seppure sotto forme diverse, sono elementi costanti nei miei libri. Leggo moltissimo, anche se pongo più attenzione ai morti che ai vivi. Potrei sintetizzare dicendoti che ho un debole per la letteratura austriaca: Bernhard, Stifter, Musil sono tra i miei autori preferiti.
Qual è il tuo hobby?
I miei hobby coincidono col mio lavoro e questo è da una parte un vantaggio, dall’altra uno svantaggio. Occupandomi di cinema e scrittura per lo schermo mi trovo speso a passare il mio tempo libero studiando libri legati all’età d’oro di Hollywood o alla biografia delle star. Fuori dall’ambito letterario o cinematografico amo fare lunghe camminate, frequentare negozi dell’usato e collezionare libri antichi. Mi piace anche leggere fumetti… ma in effetti sempre di letteratura si tratta. Ora che mi ci fai pensare, forse ho una vita che i più riterrebbero noiosa.
Parlaci del tuo libro. A chi lo consiglieresti e perché?
Memorie di un boia che amava i fiori racconta la storia di un bambino destinato a diventare un boia. Il piccolo Henri non solo vorrebbe fare il fioraio, ma è letteralmente terrorizzato dal sangue. La cosa, naturalmente, non si addice alla professione di boia. Il racconto si ispira a una storia vera, ma ci fantastica sopra in chiave ironica. Credo sia un libri per tutti, reso ancor più interessante dalle magnifiche illustrazioni di Stefano Bessoni. A fine volume, per chi volesse approfondire la tematica, c’è anche un interessante saggio sulla decapitazione scritto da Ivan Cenzi. Chi ama le storie macabre ma leggere, cariche di ironia nera, non resterà deluso.
Come sono nati i personaggi?
Henri Sanson è un personaggio realmente esistito. Si tratta di uno dei boia più famosi della storia perché esercitò la sua professione durante la rivoluzione francese ed ebbe l’onore e l’onere di ghigliottinare personaggi del calibro di Maria Antonietta e Luigi XVI. Pare giustiziò migliaia di persone durante la sua carriera. Alcuni elementi reali della storia di Henri Sanson sono presenti nel libro, ma resta pur sempre un’opera di fantasia.
Ti è mai venuto il “blocco dello scrittore”?
No. Credo di avere sempre avuto il problema opposto. Non so se abbia un nome.
Quali sono le tue fonti di ispirazione?
L’ispirazione è importante, ma a volte è sopravvalutata. Leggo molto e osservo le persone, da qui colgo gli spunti principali per iniziare ogni nuova storia. Ma ci sono giorni in cui l’ispirazione non c’è e allora serve applicarsi e basta.
Qual è il messaggio insito nel libro?
Il libro racconta di come la fantasia possa aiutarci a superare le nostre paure, di come l’immaginazione possa agire concretamente sul mondo reale. È un racconto che, per quanto breve, parla del senso di inadeguatezza e del difficile rapporto con i “padri”. È un omaggio al potere dell’immaginazione.
Quanto c’è di te nei tuoi personaggi?
Dipende. È inevitabile porre qualcosa di sé in un personaggio. Lo si fa probabilmente anche in maniera involontaria, talvolta solo attraverso sfumature. Certo è che evito di farlo appositamente. Nei miei libri, così come nei miei personaggi, non amo mettere aspetti legati alla mia biografia. Essendo creature partorite dalla mia immaginazione è però inevitabile che siano anche parte di me.
Progetti futuri?
A breve uscirà, sempre per Bakemono Lab, un libro illustrato dedicato a Theda Bara. Si tratta di una delle prime grandi star del muto. Malgrado negli anni dieci sia stata una delle dive di punta della Fox, di lei è giunto fino a noi molto poco. All’interno del libro c’è un mio saggio dedicato al cinema perduto e all’identità dell’attrice, primo grande personaggio del cinema “costruito” a tavolino dagli studios. Si tratta di un’opera collettiva, ma ci tengo molto perché pare essere l’unica in Italia dedicata alla diva. Ho molti altri progetti in sviluppo, sia per bambini che per adulti, ma preferisco sempre aspettare che le cose si chiudano, prima di parlarne.