Già dal 15 giugno 2020 Immuni è attiva in tutta Italia.
Oggi più che mai, è importantissimo avere e attivare l’app Immuni, per il tracciamento dei contatti in ottica anti Coronavirus (inizialmente utilizzato in fase di sperimentazione per una settimana solo in 4 regioni :Liguria, Abruzzo, Marche e Puglia) e poi resa utilizzabile nell’intera Penisola.
Immuni App va scaricata: perché consente a tutti gli italiani che decidono di averla sul proprio smartphone, di ricevere avvisi nel caso in cui siano entrati in contatto con persone poi risultate positive al coronavirus e, di conseguenza, potenzialmente contagiose.
Non c’è alcun obbligo nell’utilizzare l’applicazione, e richiede dati personali di accesso o visibili a tutti, nessun nome e cognome quindi.
Ma avere quest’ app. , potrebbe essere determinante per semplificare l’individuazione e la gestione di eventuali nuovi focolai.
Immuni è disponibile dal 1 Giugno 2020 ed è a quota 6,6 milioni di download.
Funziona su iPhone, telefoni Android, ( solo con Huawei ha alcune limitazioni) ed è stata validata dal Garante per la protezione dei dati personali per l’attenzione dedicata alla privacy.
Come funziona App Immuni nel dettaglio
Si occupa di notificarti un’eventuale esposizione al rischio Covid19.
Per scaricarla basta andare sugli store digitali o sul sito ufficiale.
Una volta installata sul proprio smartphone, l’app richiede una serie di passaggi per acquisire le informazioni di base sull’utente:
- età(la minima consentita è 14 anni)
- consenso per la privacy
- abilitazione delle notifiche per poter ricevere l’alert
- la provincia di appartenenza.
Per funzionare ha bisogno che il Bluetooth resti sempre accesso dato che sfrutta questo sensore, nella sua versione a basso consumo di energia (BLE), per individuare la distanza con un altro dispositivo che ha installato il software.
L’app sviluppata da Bending Spoons sulla base delle interfacce del cosiddetto modello Apple/Google, infatti a tutela della privacy non utilizza gps e wifi.
In pratica Immuni è in grado di registrare in maniera anonima quando due utenti che hanno deciso di scaricarla si ritrovano a meno di due metri di distanza e restano a contatto tra i 5 e i 30 minuti.
La traccia di questo incontro, attraverso dei codici anonimi assegnati ad ogni utente da cui è impossibile risalire alla loro identità, viene registrata e conservata per 14 giorni sui singoli smartphone (e non su un server centrale).
Quando le strutture sanitarie e le Asl riscontrano un nuovo caso positivo, accertato con un tampone, dietro consenso del soggetto stesso inseriscono il suo codice anonimo di Immuni all’interno di un database.
In pratica, incrociando i dati in automatico, viene inviata una notifica agli utenti con i quali il paziente positivo è stato in contatto.
Assieme a questa “notifica di esposizione”, l’utente riceve anche un grado di allerta definito dalle autorità sanitarie da cui dipendono le indicazioni successive.
Cosa fare se Immuni App ti avvisa?
Se il nostro smartphone con installata e attivata Immuni, ci segnala di essere entrati a contatto con un positivo, bisognerà seguire le indicazioni che compaiono proprio sull’app utili a prevenire il contagio.
Bisognerà quindi contattare il proprio medico e comunicarglielo:“Ho ricevuto la notifica!”.
Il medico a sua volta contatterà l’Asl che prenderà in carico la situazione occupandosi della sorveglianza sanitaria.
In attesa delle indicazioni del medico o dell’Asl bisogna mettersi spontaneamente in quarantena, lavarsi di frequente le mani, tenere un metro di distanza anche dai famigliari, limitare i movimenti negli spazi comuni della casa e i contatti (anche se non si presentano sintomi evidenti).
Cosa non fa Immuni App? Non si avrà modo di risalire a chi potrebbe aver causato il contagio e portato all’invio della notifica.
Però Immuni punta molto sul rapido ampliamento della platea di utenti. Solo in questo modo infatti, se un cittadino dovesse risultare positivo al test, si arriverà a circoscrivere l’eventuale nuovo focolaio, sulla base della propria provincia, nel tentativo di limitare il riempimento delle terapie intensive.
Molto dipende quindi dalla responsabilità individuale dei cittadini. Se è vero che non c’è alcun obbligo di scaricare l’app o di accettare che il personale sanitario inserisca il proprio codice nel database, è implicito che non farlo potrebbe essere controproducente.